martedì 9 aprile 2013

SULLA LETTERATURA ITALIANA CONTEMPORANEA

La produzione narrativa pubblicata sin dagli anni Cinquanta a tutt’oggi porta i segni di
logoramento nel tentativo di dare  un dinamico abito stilistico e di pensiero creativoda offrire a una generazione  desiderosa di progettare le proprie aspettative letterarie.  Un modello questo ben consolidato che ha resistito ai tentativi di innovazioni più significative e alle sperimentazioni, salvo qualche coraggiosa  eccezione,  espressione di una creatività rivoluzionaria dal punto di vista linguistico, ma poco accettata dal mercato ( pensiamo al pastiche di Gadda).
  Ripercorrendo per grandi linee il periodo storico che va dal dopoguerra alla fine degli anni Settanta, possiamo notare che la maggior parte degli scrittori aveva riempito i loro romanzi di personaggi che avevano combattuto i nazifascisti, i partigiani appunto. Attualmente i commissari di polizia hanno sostituito efficacemente i partigiani, nuovi personaggi, questi tutori dell’ordine pubblico, che occupano, con i loro thriller fantasiosi, la  scena del mercato della carta stampata ma anche del piccolo schermo TV, segno evidente che la nicchia ecologica è rimasta intatta nonostante l’incursione di alcune iniziative vivaci nelle loro molteplici espressioni.
    Anche la lingua italiana entra in questi contrastanti flussi culturali. Va subito sottolineato che il nostro idioma non è una lingua morta. L’italiano è un viaggiatore instancabile che incontra e raccoglie echi delle voci di nuove frontiere lessicali, psicologiche e antropologiche, senza particolari vincoli canonici. Si può, infatti, rinnovare la lingua di Dante e di Manzoni senza violentarla o rinnegarla, basta saperla alimentarla con adeguate espressioni lessicali, permettendola di gettare nuovi germogli.
   Secondo la nostra visione, questa è la vera identità della nostra letteratura, non l’arroccamento in nicchie di stampo conservatore, non la vendita a prezzo ridotto del nostro patrimonio artistico nel mercato globalizzato, ma la capacità di una sana cultura  di disporre nell’interno della insopprimibile globalizzazione  le proprie difese immunitarie  e i propri semi di costruttiva continuità.
                                                                                              Enrico Castrovilli      


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