venerdì 12 novembre 2021

 

LA SODDISFAZIONE UNA EMOZIONE GRADEVOLE

Dal vocabolario apprendiamo che la soddisfazione è gradimento, compiacenza per il carattere pienamente rispondente, positivo o favorevole di un fatto: è stata una bella soddisfazione per lui vincere il concorso; talvolta, a proposito del piacere derivante da una puntigliosa ricerca di rivalsa personale.

Ogni tanto, pare che siamo costretti a imbottire la nostra esistenza di svariati oggetti e occupazioni che in ipotesi dovrebbero ridarci la felicità. Ciononostante, nel corso del nostro percorso quotidiano succede di smarrirsi e di non realizzare quello che in realtà dà la felicità. Per ciò, pare che ci manca il tempo necessario di sorbire un caffè con un conoscente o anche di sederci a udire brani piacevoli di musica.

È necessario conoscere perfettamente quali sono i nostri tempi di lavoro e le ore trascorse ad oziare. Di non permettere a nessuno di interrompere mentre svolgiamo piacevoli momenti di passatempo, in quanto essi sono più essenziali di quanto pensate.

Nel momento in cui il nostro organismo è in armonia con il nostro intelletto, il complesso delle cose va bene e allora abbiamo la sensazione di benessere. Per ciò l’esercizio fisico è in questo modo fondamentale per l’equilibrio emotivo: l’attività fisica toglie lo stress, mitiga lo stato depressivo e consente di conseguire un buon equilibrio tra corpo e mente. Quindi ritagliamoci un po’ della nostra quotidianità per fare dell’attività fisica e per allentare la tensione. Farà una rilevante disparità per la nostra psiche.

Controllarsi è in effetti uno sbaglio. Evitiamolo, tuttavia prendiamo una boccata di ossigeno e concediamoci di provare varie emozioni, virtuose o cattive che siano, non hanno alcuna rilevanza. Spesso erroneamente pensiamo che è sconveniente avere risentimento o paura, perciò le eliminiamo. Ciò nonostante, queste emozioni sono parte importante della nostra esistenza e quindi necessita viverle in modo aperto.

Per concludere il nostro discorso diciamo che per essere soddisfatti della propria esistenza, di sé stessi e del nostro operato quotidiano e di ciò che possediamo, proviene da un diuturno impegno costruttivo sul sé che va avanti per mezzo di un cammino non sempre facile; per questa ragione, per quanto sia essenziale restare coscienti della propria fortuna, non conviene mai sminuire tutto ciò che ci capita. Essere soddisfatti non significa per forza avere una esistenza impeccabile, senza impedimenti o di attimi tenebrosi. È proprio al fine di essere soddisfatti, e quindi, felici, che dobbiamo individuare il momento in cui stiamo affrontando una crisi più grande di noi e, di seguito, allorquando sollecitiamo sostegno psicologico. Nel caso in cui si abbia il timore di non farcela da soli dalle proprie difficoltà è essenziale identificarlo, accettarlo e chiedere aiuto a gente qualificata in grado di permetterci di recuperare in noi le legittime risorse per tornare ad affrontare la vita col sorriso sulle labbra.

                                                           

 

 

giovedì 1 luglio 2021

 

 

 

          LA DELUSIONE È UN SENTIMENTO DI TRISTEZZA

 La delusione, frammento costitutivo della nostra vita, è un sentimento di tristezza e di dolore. Origina quando le attese, le speranze rimesse in qualcosa o in una persona non trovano verifica nella realtà. Non sempre quando rimaniamo delusi riusciamo ad accettare la botta. Crediamo che tutti gli avvenimenti negativi, grandi e piccoli, succedono solamente a noi. Ciò nonostante, anche se la delusione è tra i sentimenti umani una che ferisce profondamente l’anima, se arriviamo a considerarla come qualcosa naturale che può accadere a tutte le persone, certamente otteniamo di smaltirla dalla nostra mente con più facilità.

 Senza dubbio, alcune conversazioni con degli amici o conoscenti sulla delusione di certi comportamenti danno una mano a scaricarci, sicuramente, ma nel contempo non fanno altro che farci precipitare ancora di più. Continuare a replicare quanto siamo restati delusi e quanto taluni soggetti si siano comportati malamente con noi sarà utile soltanto a far bruciare ancora di più quel disinganno.

 Se a volte qualche persona ci ha deluso, se ci ha preso in giro, possiamo confessarlo benissimo agli altri, ma nel contempo non mutiamoci in vittima. Buona norma è quella di non continuare a riflettere e a non annodarla al dito, diversamente il filo della delusione si tramuterà in una vera catena che non ci permetterà di procedere nelle nostre quotidiane fatiche. Alla maggioranza delle parsone succede di attraversare momenti di rabbia, di tristezza e frustrazione di fronte a una delusione, tuttavia non bisogna ingigantire queste emozioni negative.

 Da quanto abbiamo detto sin qui appare chiaro che rimanere delusi è parte integrante della nostra esistenza. Ora per attutire senza subire tanti danni la batosta allorquando accade, non bisogna restare attaccati ad essa. Ma quale azione possiamo adottare per tenere a bada l’attacco negativo della delusione?

 Secondo studi di psicologia, quando si rimane delusi, la storia non deve continuare, perché rimuginando il fatto accaduto la delusione da piccola diventerà grande.

 Inoltre, bisogna tenere la mente concentrata su altre attività, quali gli impegni quotidiani, i nostri hobby. Soprattutto evitare quel dannoso rimuginare interno.

 Un buon sistema per scaricare l’ansia è quello di raccontare il crollo psicologico subito, ma bisogna anche terminare in fretta l’argomento. Liberare la mente del disagio fa sicuramente bene, e sembra un ottimo metodo quello di raccontare ciò che ci è successo ad altri che però ci capiscano, ma cerchiamo di non continuare il discorso più del solito.

 Ancora, porre maggiore attenzione agli avvenimenti migliori che ci accadono. Spesso, infatti, siamo più concentrati sulle nostre disavventure da non avvertire gli avvenimenti belli che giornalmente accadono intorno a noi.

 Otre tutto, bisogna tenere presente che vi sono tante persone sincere. Sicuramente di qualcuna non siamo stati soddisfatti del comportamento. Ma non ci amareggiamo. Infondo sono in maggioranza le persone leali, franche che con la loro disponibilità ci fanno capire che non tutte ci hanno ingannato.  Infine, cerchiamo di non essere inflessibili giudici dei comportamenti altrui, perché anche noi a volte possiamo sbagliare. Nessuno, infatti, è perfetto, per cui è necessario essere umili e lasciar correre le delusioni altrui e anche le proprie.    

martedì 2 marzo 2021

 

                LA PAZIENZA È UNA FACOLTA’ POSITIVA

La pazienza è una facoltà che dà una mano a rinviare o rimuovere la risposta a possibili ostilità, conservando un comportamento indifferente. La sua particolarità dunque è quella del controllo delle proprie emozioni.

Da quando abbiamo mutato il nostro modello sociale in un ambiente di “subito” non siamo più capaci di attendere sino al giorno dopo, al ritorno a casa, al giungere di una persona. Sembra che ogni cosa ci preme per decidere all’istante ogni faccenda, concludendo tutto subito e senza perdere tempo per decidere, all’incirca come a evitare di uno stato ansioso che ci soffoca.

Mentre passeggiamo si chiacchiera del più o del meno oppure spediamo messaggi persino quando siamo in macchina o mentre siamo a tavolino a sorbire un caffè, accade ciò in quanto in nessuna scuola abbiamo appreso l’arte di attendere. La presente tecnologia, oltre a ciò, va di sostegno della nozione di “subito”. Bisogna riconoscere che siamo in modo continuo in contatto con diverse persone, reperibili in ogni momento del giorno, per cui non troviamo mai il tempo di staccare la spina e rimanere soli con noi stessi. Accade così che nell’intento di precorrere il giorno dopo, si rischia di perdere la certezza del momento.

La comunità incita all’inquietudine, alla cadenza nevrotica, all’esaurimento e noi ci lasciamo condurre privi di curarsi degli esiti finali, fino a che all’improvviso ne siamo danneggiati. Una volta o l’altra siamo sopraffatti dalla razionalità di non aver vissuto per noi, più che per altre persone, per l’apparato, per i vari enti.

Come se non ancora fosse sufficiente, ignorando l’attesa ci condurrà a dover fare fronte a esiti psichici. Si verificheranno casi patologici e discordie soggettive ed interpersonali, dato che non ogni cosa è secondo i nostri desideri e le altre persone non sono in grado di donarci qualsiasi desiderio e detto fatto.

Ciononostante, è pensabile trascorre l’esistenza con tolleranza attendendo che gli avvenimenti accadano in maniera normale, priva di costrizioni, priva di pressioni, e frequente senza neppure tentare di trovarle. Sappiamo che dopo ogni tramonto, c’è un’alba, è ciò accade indipendentemente da noi: è possibile solamente beneficiarci di quei pochi minuti e, nell’intervallo, valutare positivamente quello che già possediamo, tutti quegli oggetti dei cui ci siamo scordati in quanto molto occupati ad esternare il desiderio seguente.

Per alimentare la pazienza, è indispensabile far scendere la frequenza delle battute, raccoglierci al momento e viverlo con consapevolezza. Con la sicurezza e la serenità di aver imparato che il domani giungerà con impegno che lo associamo con virtuose operazioni in buone condizioni e comportamenti utili.

La pazienza ci concede di vivere una esistenza in maniera operosa, però serena. Ci mettiamo in cammino, proseguiamo per la nostra via e seguiamo la nostra esistenza, adattandoci al suo procedere. Non necessita aspirare che concretezza proceda differentemente, si discute di saper attendere e conservare la serenità, permettendo che i fatti accadono solo quando spettano che succedono.

                                                                                               

domenica 24 gennaio 2021

 

 

LA MALATTIA RENDE VULNERABILI

 

La malattia intesa come uno stato patologico per alterazione della funzione di un organo o più organi (Il Nuovo Zingarelli) ci fa diventare vulnerabili, fragili nel corpo e nella mente, per questo ci sentiamo spaventati e, soprattutto, disorientati. Con altre parole, la malattia porta con sé un profondo malessere psicologico che, in alcuni casi, può arrivare a cambiare anche in negativo il sistema di vita di ciascuno di noi. Inoltre, con diversi valori prognostici la patologia porta con sé dolore, solitudine, limitazioni alle normali attività quotidiane e a volte, nei momenti di maggiore sofferenza, di fragilità ci pone di fronte alla morte con tutte le domande per il credente e non, le paure, le angosce che generano in noi il pensiero finale della vita.

  Dal punto di vista psicologico, ciascuno di noi si comporta in modo diverso nell’accettare e vivere la malattia. Essere malati d’influenza, per esempio, è una situazione del tutto diversa che essere affetti di una grave patologia neurologica o tumorale. D’altronde nessuno è contento di essere ammalato. Per cui, quando si è colpiti da una patologia, si è pervasi da un senso d’angoscia e di disperazione, da questi momenti di umana esperienza di fragilità, originano le reazioni psicologiche più diverse perché varie sono le modalità di affrontare la singola malattia.

  Di sopra, abbiamo illustrato come ogni paziente si costruisce una propria modalità per vivere le debolezze e le fragilità generate dalle malattie. Ora passiamo ad analizzare i cambiamenti psicologici dei malati rispetto al concetto evolutivo della malattia e, nello specifico, delle categorie acute e croniche.

  Si parla di malattia acuta quando un morbo si manifesta improvvisamente e virulentemente e il suo effetto non comporta alla base nessun rischio per l’individuo, inoltre il suo perdurare è ritenuto in media breve, e ciò non lascia spazio a una riflessione e comprensione profonda della gravità. Ma pur vivendo in un contesto di temporanee limitatezze e di emozioni ferite, il paziente non perde mai la speranza per il futuro.  

  Quando la malattia da acuta perdura nell’individuo per un periodo indeterminato, spesso per l’intero corso della vita, si trasforma in cronica: l’esperienza del tempo cambia profondamente, i giorni sono sempre uguali, viene meno la speranza verso il futuro. Per cui, come afferma Eugenio Borgna, in ogni paziente non può non chiedersi con animo doloroso e angosciato cosa sarà ancora la mia vita, quali rapporti interpersonali saranno possibili, quali problemi quotidiani e quale impegno di lavoro mi saranno possibili, come accoglieranno gli altri, soprattutto la mia famiglia la mia debolezza e la mia fragilità, e quale aiuto sarà loro possibile darmi.

  Il primo punto di riferimento del malato cronico è l’ospedale. In queste strutture sanitarie, l’ammalato può trovare trattamenti adeguati al suo caso specifico, al di fuori della così detta “alleanza terapeutica” tra medico e paziente. Il medico ha il compito di prospettare al paziente e ai familiari, i vantaggi delle nuove terapie mediche e chirurgiche che riguardano il suo caso. Spesso, però, i sanitari si dimenticano – per mancanza di disponibilità - che dietro quel “caso” c’è una persona fragile, vulnerabile ferita dal dolore e dall’angoscia; e sarebbe invece sufficiente uno sguardo dolce o un sorriso ad alleviare il dolore psichico.

  Raramente, per osservazione personale, gli effetti di una malattia cronica si limitano al solo individuo malato, perché l’ansia, l’angoscia che prova l’ammalato la prova anche la persona che gli è vicina.

  La presenza in casa di un paziente con patologia cronica incide, più o meno profondo, su tutti i componenti del nucleo familiare, che diventano più vulnerabili, sostengono impegni quotidiani spesso molto gravi, derivanti dal lavoro di cura, dalla continuità dell’impegno, dell’intensità emotiva generata dal costante confronto con la sofferenza psicofisica e la morte.

 In conclusione, scoprirsi ammalato, soprattutto cronico, l’esaurimento delle forze fisiche ed emozionali causato dal morbo, diventa fonte di fragilità, di vulnerabilità per l’ammalato e anche per il familiare, che giornalmente lo assiste.