sabato 20 ottobre 2018

IL TEMPO DELLA GIOVENTU' INTERVENTO


IL TEMPO DELLA GIOVENTU’
(IL ‘68 E DINTORNI)         
DI ENRICO CASTROVILLI – ED LIBELLULA
QUALCHE CONSIDERAZIONE SULLA LETTURA DI BENITO D’ AGNANO
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Sono abituato da sempre ad appuntare di ogni libro letto le cose che ho trovato interessanti e di comunicarle, quando è possibile, all’autore  come ringraziamento per le ore di piacevole lettura che mi ha regalato.
Perciò, anche se può sembrare una ripetizione, visto che diversi altri hanno scritto in modo completo e puntuale sul libro del Dott. Castrovilli, evidenzio ciò che mi ha colpito di più.
Che sia un libro di formazione è molto evidente ed è stato notato da tutti.
La vita del protagonista si sviluppa secondo una direzione ascensionale della mente ed è imperniato sulla crescita, la maturità, la ricerca di se stesso e del proprio ruolo nella vita.
Una educazione familiare di valori e di responsabilità ricevuta da Carlo, il protagonista, lo costringe ad abbandonare gli studi per il lavoro, necessario al sostentamento della famiglia dopo la morte del padre. La volontà e la spinta interiore fanno si che possano coesistere in lui lavoro e studio, pur in presenza di problemi di salute.
La famiglia fa quadrato intorno a lui e lo sostiene con affetto e rispetto. E la povertà non diviene un alibi per non andare avanti. Un bell’esempio per le famiglie di oggi!
Nel leggere le pagine del libro mi tornano nella mente le reminiscenze scolastiche sulla vita di tanti grandi che hanno vissuto situazioni simili. Orazio afferma che la povertà lo aveva spinto a scrivere versi. E poi balza forte e potente la figura di Pascoli che non è fermato da nessun ostacolo:
“Da me, da solo, solo e famelico/ per l’erta mossi, rompendo ai triboli/ i piedi e la mano./ Piangendo si, forse ma piano”E rubo a Leopardi un verso: “Oimè quanto somiglia/ al tuo costume il mio”. Perché anche io ho dovuto fare lo stesso percorso ad ostacoli per giungere alla meta da me sognata. Il desiderio così pregnante di Carlo di fare l’insegnante, è portato a buon fine con la caparbietà dei giovani e con l’aiuto di un professore (così io)  che aveva a cuore la scuola e i giovani volenterosi.   Meraviglioso nel finale l’appagamento del sogno risolto in una semplice frase: “ Io vi dico che non andrò via da questa classe”. Classe da cui erano scappati via tanti altri docenti perché “terribile”, senza per ciò dover ricorrere alla violenza. E sapeva bene che per l’esercizio della funzione docente ci vuole autorevolezza, non autorità.
Questo libro si apprezza anche per le sue osservazioni sul Movimento Sessantottino.
Carlo vi prende parte con chiara coscienza. Ha capito che gli studenti hanno le loro ragioni, ma non condivide la lotta armata. E se vi prende parte lo fa contro la sua volontà ma si ritira presto per aiutare l’amico rimasto seriamente contuso in uno scontro.
Tante cose erano giuste, tante un po’ meno. Era giusto dare a tutti la possibilità di studiare di crearsi un avvenire, ma non era giusto che tutti andassero avanti senza nemmeno studiare ( il famoso 6 politico).    E lui non appartiene a questa categoria.
Il movimento era caratterizzato dallo spirito di ribellione verso il principio di autorità. E fu di portata internazionale.
Con il boom economico molti studenti provenienti da ceti popolari avevano intrapreso gli studi di ogni ordine e grado e il sistema formativo degli anni ’60-70 si trovò ad essere incapace di reggere l’urto della scolarizzazione di massa.
Ci fu l’occupazione degli istituti, specie quelli superiori, perché offrivano un istruzione elitaria.
Comunque si verificarono molti cambiamenti sotto la spinta della contestazione. Carlo ci passa in quella tempesta. E pianta la sua bandiera tanto agognata in cima al monte.
Il libro è davvero un gioiello di valore inestimabile per la formazione dei giovani. E’ un percorso che mostra con chiarezza tutta la bellezza del sogno e tutta la crudezza delle spine poste ad intervalli lungo la strada che si possono superare solo con il supporto di una educazione familiare solida ed una volontà che deve divenire passione.
Una scrittura attenta ad evitare ogni manierismo, semplice ed elegante, ricca di immagini e di riferimenti storici chiari e precisi, rende la lettura coinvolgente e piacevole come una ventata di aria fresca nella calura. E’ un libro che si legge senza accorgersi e senza interruzioni, talmente penetra nel lettore e ne sollecita la sensibilità e le corde delle emozioni.       L’autore, oltre che laureato in Lettere, lo è anche in Medicina ed in Psicologia. E’ un punto di riferimento importante della Psicocritica.
Conosce molto bene la psiche umana con tutti i suoi risvolti comportamentali ed emotivi.
Il libro perciò accompagna il lettore anche nel dedalo delle emozioni spiegandone origine e manifestazioni. Ed  offre piacevolezza e soddisfazione.
Ognuno può avvertire nel testo consonanza fra l’autore e parte di se stesso che, nel medesimo tempo, lo spinge verso nuovi contesti emozionali.
San Vito dei Normanni, 15 ottobre 2018-
                                                                                                       Benito D’Agnano

IL PUNTO  ANNO XLVIII n°11

martedì 16 ottobre 2018

LE EMOZIONI ATTRAVERSO LA PAROLA E L'ASCOLTO


 È noto che se vi sono molteplici modi di leggere – a bassa o a voce alta - , altri sono i motivi che inducono a realizzarlo: per il semplice piacere che una lettura genera quando diventa esperienza estetica; per l’interesse ad apprendere nuove conoscenze quando è pratica intellettuale; per il sentimento di manifesta solidarietà quando è esperienza empatica.
 Secondo le teorie cognitiviste sulle emozioni la scelta di un tipo di queste letture dipende dal giudizio di valore da parte dell’interessato, sulla base di un insieme di fattori quali: specifiche conoscenze, interessi, percezioni e credenze. Eseguita la preferenza, al di là dell’interpretazione dei segni-simboli di un testo, la lettura impone al soggetto due tipi di processi mentali importanti la comprensione e l’interpretazione. Come attività primaria della mente entrambi questi processi sono, quindi, direttamente responsabili delle reazioni del lettore: il suo coinvolgimento, il vissuto emotivo, la passione, il giudizio critico e così via.   
  In particolare diremo che la comprensione è il risultato del processo di elaborazione linguistica delle informazioni che vengono trasformate, in termini psicologici, a una rappresentazione semantica del testo. L’interpretazione si riferisce, invece, a una rappresentazione semantica del testo. In sintesi, la lettura implica parallelamente comprensione e interpretazione.
 Sulla base di quando detto, ora facciamo qualche considerazione sulle emozioni che rileviamo spesso nella lettura, in conseguenza dei processi di comprensione e di interpretazione. Quelle che inducono piacere nella lettura si chiamano “emozioni della mente”. Accanto a queste vi sono emozioni che nascono dalla partecipazione del lettore all’oggetto della lettura. Tipica risposta emozionale di questa natura ai testi narrativi, è l’empatia. Un racconto, un romanzo fanno  proprie le ansie e le gioie  dell’umanità.  In quelle riconosciamo noi stessi, la nostra esistenza possibile. L’attenzione intensa sulla paura, sulla pietà, o sull'amore dei personaggi ai quali ci rivolgiamo con la lettura dipende dal giudizio d’importanza che noi diamo circa ciò che riteniamo giusto e non da un impulso indiscriminato di condivisione.
  Sin qui, il valore della parola, ora una breve nota sull'ascolto. Che l’ascolto di un racconto o di una poesia sia capace di suscitare emozione è certo esperienza di ognuno di noi. Tuttavia, pur essendo presente  in tutti i soggetti, la risposta emotiva all'ascolto di una lettura non è sempre la medesima. Al contrario. Essa varia al variare dei fattori individuali come l’età, la cultura, lo stato psicologico. Per esempio non tutti i bambini hanno un atteggiamento di accoglienza e di ascolto sereno sufficiente per contenere l’emozione in un racconto. Vi sono, infatti, bambini che faticano ad ascoltare, alcuni non riescano a farlo perché sono distratti, altri ascoltano forzatamente. Per questi bambini che vivono disagi personali o difficoltà emotive, gli psicopedagogisti suggeriscono di comprendere più che di capire il comportamento disturbato dei bambini e soprattutto di non usare parole pericolose che spesso si utilizzano con poca accortezza, perché scoraggiano e inibiscono il desiderio di essere diversi, lasciando il posto a un sentimento di amarezza, di inutilità, di solitudine.
  La parola e l’ascolto, dunque, sono i veicoli insostituibili del cuore e della mente, che accompagnano nella vita adulti e bambini alla scoperta delle proprie emozioni e dei propri sentimenti, anche quelli cattivi, per conoscerli, comprenderli, accettarli e trasformarli senza averne timore.

martedì 9 ottobre 2018

ANTOLOGIA POETICA IN LINGUA POLACCA


Complimenti al dott. Castrovilli per l’inserimento di alcune sue poesie nella più vasta antologia di poesie pugliesi tradotta in lingua polacca. (AA. VV., I Ponti, Wydawnictwo Ksiazkowe IBIS)
La poesia della Puglia viene presentata in Polonia, per la prima volta, in un’antologia autonoma.
Pawel Krupka, di professione diplomatico e prof. Di letteratura greca presso l’Università di Varsavia, a proposito dei poeti pugliesi (e tra questi l’unico della Provincia di Brindisi, appunto, il dott. Castrovilli) dice che “si dimostrano chiaramente figli della Magna Grecia, della sua semplicità e del suo naturalismo. La forza d’espressione della loro poesia scaturisce da sane radici di civiltà.” […] “È una poesia che trova ispirazione soprattutto nell'ambiente naturale, compreso quello umano. Una poesia piena di sole e di mare, che parte per il mondo dal focolare di casa.”
Il dott. Castrovilli, quindi, è il primo poeta brindisino  (sanvitese)  “tradotto” in polacco, ma non basta, è stato tradotto anche in lingua albanese e russa. Alcune sue poesie sono presenti nell'antologia albanese AA.VV. Il mare che unisce, MILOSAO, 2016.
Insomma, mentre si alzano muri per contenere i flussi migratori, la creazione poetica pugliese-brindisina (sanvitese) non sembra trovare ostacoli per Castrovilli, e la sua poesia è diventata “poesia d’esportazione”; esportazione non solo del “patrimonio della Magna Grecia”, ma precisamente della “Sanvitesità” non tanto come “prodotto” di colore locale, che pur ha il suo valore, ma soprattutto, come ben dice, in una sua bellissima poesia, il prof. Daniele Giancane, come “prodotto di nicchia” di “autore di valore”. 
Le poesie di Castrovilli, scelte e presenti nell’antologia polacca, sono quelle che dalla nicchia del territorio naturale e umanizzato di San Vito si elevano a paradigmi universali e hanno già nel titolo vibrazioni o vocazioni di universalismo specie ora che varie etnie si combattono in Medio Oriente o in altre parti del mondo.
In “Oltre Bisanzio” e in “Una cartolina da Gerusalemme” ci sono passi che inneggiano al sentimento d’amore di vario genere: da quello romantico a quello di fratellanza universale che scorgando da “antiche civiltà” unisce le varie etnie in un abbraccio globale.
[…] Da molto tempo viaggiavamo lungo/ le coste adriatiche sostando ora/ tra ruderi di antiche civiltà ora/ tra la macchia mediterranea…
[…]
Signora, dove ci porterà/ questo nostro vagare?
Lei guardandomi sottecchi, rispose:/ oltre Bisanzio. […] (da “Oltre Bisanzio”)

[…] Nella luce del crepuscolo/del mattino, un attempato rabbino/ barba bianca fluente, / zucchetto, tallith e filatteri/ nella sinagoga recita brani/ del Siddur ad alta voce, / e ragazze palestinesi/ espongono su tappeti/ con fini disegni ornamentali/ oggetti di rame, di legno/ e merletti colorati/ nei paraggi della moschea di Omar. (da “Una cartolina da Gerusalemme”)
In queste poesie c’è un peana, un canto d’allegrezza, di speranza in quanto in “Oltre Bisanzio” c’è un anelito verso orizzonti nuovi e pieni di sentimenti accattivanti e in “Una cartolina da Gerusalemme” un invito alla fratellanza espansiva: infatti il rabbino e le ragazze palestinesi sono presentati insieme in un concerto di richiami biblici.
In “I sentieri dell’anima” vibrano echi leopardiani: …nell’interrotto cammino/per i sentieri dell’essere, / senza divieti, / senza confini.
Ciò avviene più chiaramente in “Epilogo”: […] Anche il suo lungo vigilare/ ha un epilogo silenzioso, / come lo sfiorire delle rose/ sotto l’urgere del tempo. //Tanti sono gli alibi/ che annegano sogni e incanti, / fino a che inaspettatamente/ ti ritrovi solo in una quieta assoluta, / che assedia le acacie/ dopo la tempesta.
In “Come segnali” e in “Ulivi” troviamo il paesaggio salentino e il suo ambiente umano colti in una continua caleidoscopica sinestesia: suoni e silenzi; visioni di campi, brezze, sapori e profumi sparsi che fanno assomigliare la campagna salentina quasi a un’oasi utopica. Ma dalla Magna Grecia fino adesso il Salento è stato sempre una splendida realtà antropica per la sorprendente bellezza della natura ma anche per il duro lavoro dell’uomo che l’ha cesellata umanizzandola. Terra che attrae per le bellezze naturali, l’arte e l’atmosfera umana, per i prodotti della terra.
Infine le sinestesie e adombramenti di civiltà antiche e di storia, richiami di duro lavoro per fare della nostra terra un giardino si fanno amorevolmente più mordaci e più struggenti in “Ulivi”.
…Ulivi secolari sparsi nelle campagne/ del Salento dove inseguiamo/ sogni e segreti/ resi al sole da gioie/ solcate da rivoli di sudore// Svettanti nell’azzurro rimbombo/ del tuono, nel vento di novembre/ che ci porta l’eco delle voci/ dei nostri defunti;/ i venerandi ulivi/ il loro impero affermano/ su quest’angolo di terra rossa/ dove è scritto sulle zolle/ la storia dei padri e la nostra.
                                                                                                              Francesco Recchia
P.S. Nella cooperazione con la Polonia sono stati coinvolti l’Ambasciata, l’Istituto Cultura polacca di Roma e l’Ambasciata italiana, l’Istituto Cultura italiana di Gracovia.