venerdì 15 aprile 2016

LO STILE EMOTIVO PLASMA LA NOSTRA VITA

Secondo gli studi del neuro scienziato Prof. Richard Davidson, autore del saggio”La vita emotiva del cervello”, lo stile emozionale è un modo più o meno stabile  che plasma la nostra vita e il modo in cui noi rispondiamo alle diverse sollecitudini quotidiane dell’ambiente che ci circonda. E come tale meccanismo mentale, si differenzia dagli stati emotivi che sono reazioni fugaci innescati da una esperienza (positiva o negativa) e dalla durata di secondi, e da stati d’animo emozionali, sentimenti che persistono per alcune ore o addirittura per mesi.
 Questo profilo emozionale, o stile emotivo prevede sei dimensioni ed ognuna di esse ha delle caratteristiche neuronali ben precise e identificabili:
- Resilienza o capacità di recuperare, rappresenta la capacità di ripresa dagli stress emotivi. È una caratteristica della personalità che si rileva di fondamentale importanza per affrontare eventi traumatici particolarmente difficili della vita (problemi gravi d salute, , situazioni di lutto, perdita di lavoro, conflitti e così via):
- Prospettiva  è quella dimensione che misura la capacità di mantenere nel tempo le emozioni positive;
- Intuito sociale, è l’abilità a cogliere i segnali sociali inviati dalle persone che vivono nello stesso ambiente.
-Autoconsapevolezza, s’intende la capacità di percepire le sensazioni fisiche che riflettono le nostre emozioni.
- Sensibilità al contesto, misura la capacità di modularle reazioni emotive tenendo conto dell’ambiente in cui ci troviamo.
- Attenzione,  intensità e chiarezza con cui siamo in grado di focalizzare un certo oggetto.
 Pur prendendo origine da aree del cervello ben identificabili, secondo l’esperto, lo stile emotivo non è un meccanismo neuronale fisso e immutabile. Attraverso, infatti, particolari e specifici e esercizi è possibile modificare nel tempo la personale reazione emotiva a una determinata situazione in cui ci troviamo. Inoltre, continua il professore,  con la meditazione si può raggiungere un più ampio sviluppo della consapevolezza dei segnali sociale e <<una maggiore capacità di recupero>> dei propri sentimenti e delle sensazioni corporee. Ciò è reso possibile dalla <<neuroplasticità del cervello>>.
  Attualmente, secondo Matthieu Ricard, le neuroscienze considerano sempre più la capacità del cervello di evolversi in funzione delle esperienze vissute, attraverso la definizione di nuove connessioni esistenti o con la produzione di nuovi neuroni.
 La professione del musicista, in cui si lavora sul proprio strumento tutti i giorni per anni, è uno dei migliori esempi di neuroplasticità.
 La risonanza magnetica ha evidenziato, per esempio, che in un violinista le regioni del cervello che controllano i movimenti della mano con cui  esegue la diteggiatura si sviluppano in parallelo all’abilità che acquisisce con il suo strumento.
 Anche le ricerche effettuate sui giocatori di scacchi e gli atleti  olimpici hanno messo in luce profonde trasformazioni delle capacità cognitive dovute alle loro pratiche sportive. 
 In base a questa mappa multidimensionale si possono delineare le diverse dimensioni dello stile emotivo, che caratterizza ognuno di noi. Avremo, quindi, un tipo di persona che reagisce velocemente a uno stimolo emozionale e ad altre cose, altre con una reazione violenta, e ce n’è un’altra ancora che reagisce molto prolungato nel tempo.
  Per quanto riguarda il rapporto relazionale tra i diversi tipi di stili emozionali, i dati scientifici sono pochi e variegati. Ci sono esempi di persone con stili simili che si accoppiano e di altre persone – nella maggior parte - con stili emozionali opposti che si completano.

   Prima di concludere è importante aggiungere che uno stile emotivo non è migliore dell’altro. Tuttavia, sembra che alcuni stili emozionali possano rendere la nostra vita più difficile, in modo particolare quando la capacità di recupero di fronte alla difficoltà è molto bassa.  In presenza di una continua difficoltà quotidiana, la persona può rendersi conto di realizzare uno stile emotivo non adeguato a quel particolare disagio e, quindi, modificarlo, grazie alla capacità neuro plastica  del nostro cervello. 

mercoledì 6 aprile 2016

BLOCCHI EMOTIVI COME CONTROLLARLI E TRASFORMARLI IN ENERGIA CREATIVA

Nella normale attività quotidiana, ognuno di noi ha sperimentato, almeno una volta nella sua vita, di aver dimenticato, per esempio, dove ha messo le chiavi della macchina prima di uscire per andare a lavorare oil nome dell’autore di un romanzo letto durante le vacanze estive al momento di citarlo a degli amici. Di solito questi vuoti temporanei di memoria non avvengono per caso.
 Dai neuro scienziati abbiamo da tempo appreso che nell’intricate rete dei circuiti neuronali del nostro cervello negli anni abbiamo immagazzinato una vastissima quantità e varietà di nozioni. Ma a volte, quando vogliamo richiamare quella nozione specifica (es: le chiavi o il nome del romanziere) per risolvere il nostro problema del momento, un corto circuito ci impedisce di tirala fuori.
 In psicologia questi corti circuiti neuronali li chiamano <<blocchi mentali>>. Il più conosciuto è quello emotivo. Tra i tanti, il più comune è quello generato dalla paura, che come ben sappiamo, ci blocca, ci toglie ogni facoltà ragionativa. Oltre alla paura, vi sono altre cause comuni e conosciutissime dal maggioranza delle persone come l’ansietà o una live preoccupazione, che possono generare un blocco emotivo.
 Pare abbastanza ovvio ora dire che i blocchi emotivi non si verificano soltanto quando ci troviamo di fronte a situazioni di stress emotivo (paura, ansia e altre), ma possono essere anche una risposta a una improvvisa  e inaspettata buona notizia, talmente utile da sembrare incredibile (esempio: una vincita milionaria). In questo particolare caso, dopo un periodo più o meno lungo per assimilare l’evento, l’interessato può avvertire un senso di confusione mentale, una mancanza della motilità volontaria oppure continuare le sue normali attività quotidiane, come se il fatto non fosse accaduto.
 È chiaro che vi sono esseri umani più attrezzate psicologicamente ad affrontare le varie situazioni. Per cui in alcune persone un evento traumatico può generare un blocco emotivo, in altre viene percepito con una cosa naturale in quanto non ha la stessa influenza negativa.
 Per nostra esperienza sappiamo che più o meno tutti abbiamo subito piccolo o grandi traumi psichici, e superare un blocco in seguito  a un trauma psicologico non ci pare sempre un intervento dei più semplici, tanto più che le nostre frenetiche attività quotidiane non ci lasciano il tempo minino necessario di sostare ad analizzare e capire gli eventi della nostra vita – molti dei quali negativi – che ci hanno segnato in profondità, escludendo la possibilità di godere un buon stato di salute psicofisico e di percepire una serenità interiore.
  Tuttavia nel normale svolgimento del nostro percorso terreno vi sono spesso blocchi emotivi generati da emozioni, - alcune pericolose per la nostra salute psicofisica – di cui  bisogna conoscere i meccanismi perversi, per realizzarle in altre forme e liberarcene. Certo risolvere una qualsiasi situazione non significa cambiare in toto la persona, affinché si sciolga ogni riserva è necessario fare un vero cambiamento interiore.
 Chi, quindi, ha attraversato un’esperienza dolorosa generata da un trauma emotivo (es: un lutto), ed è riuscito ad andare avanti, sa che ci si può dare forza, scoprendo che la disperazione, la fragilità, la paura convivono in ogni essere umano a fianco del coraggio e della determinazione a vivere.
  Va da sé che ognuno di noi ha la personalità, i modi  di affrontare le storie passate, per cui il dolore psichico e i comportamenti saranno differenti da quelli di qualsiasi altra persona anche degli altri membri della famiglia. Alcuni superano il trauma in breve tempo, altri lo portano nel loro quotidiano, alcuni ne risentono profondamente, altri diventano più maturi, più aperti verso nuove esperienze.
 Allora, se noi abbiamola la forza di scaricare l’energia negativa che si è formata dentro in nostro corpo formando blocchi emotivi, possiamo anche trasformarla in uno strumento di crescita.
 I ricercatori delle neuroscienze, infatti, hanno scoperto che se noi ci mettiamo in uno stato emotivo positivo come felicità, serenità, gioia sostenuto e stimolato dalla motivazione ad agire, ciò può accrescere la creatività, e non solo, dicono altri  studiosi, perché anche le emozioni negative come tristezza e depressione possono essere catalizzatori per la creatività.
 Indipendentemente, dunque, dalla valutazione dei nostri stati interni (positivi  o negativi) possiamo essere originali, creativi