sabato 15 giugno 2019

IL DISPREZZO UN’EMOZIONE SOCIALE

 Il disprezzo è un’emozione che viene espressa in modo prevalente nelle situazioni d’ interazione sociale. Secondo gli studiosi il disprezzo verso un’altra persona è provocato soprattutto da comportamenti trasgressivi di norme morali o convenzioni sociali, dal tradimento della fiducia, da aggressività e violenza, da atteggiamenti immotivati di superiorità, da sincerità e falsità. Si è anche constatato che vi sono differenze significative tra maschi e femmine nello sperimentare disprezzo: per i maschi il tradimento della fiducia e atteggiamenti immotivati di superiorità sono le cause scatenanti più frequenti; invece per le donne i motivi scatenati più rappresentati sono le trasgressioni di norme morali e la falsità.
 Si tratta, quindi, di una emozione sociale che si attiva quando il suo scopo è minacciato.
 L’oggetto del disprezzo è il comportamento della persona in alcuni atteggiamenti particolari che richiama un giudizio morale che porta al dissenso.
 Il ricevente è l’individuo che rivela comportamenti giudicati negativi, ha atteggiamenti di superiorità o tradisce la fiducia. Allorquando questo succede, si ritengono danneggiati, per guanto riguarda la collettività,  gli obiettivi sociali (conservare  le regole della società), morali (la religione), legali oppure in uno specifico gruppo di appartenenza, gli scopi specifici del gruppo stesso e ci si prepara a scontrarsi con un avversario ritenuto pericoloso. L’individuo o il gruppo, ritenuto responsabile di un simile comportamento è riconosciuto disprezzabile per quel specifico comportamento ed esprimendo  disprezzo, non si permette più il ripetersi di quella condotta.
 Lo scopo della persona oggetto di offesa è quello di salvaguardare le norme morali e gli accordi comuni della società, o del gruppo di appartenenza, da quei soggetti che possono comprometterle; il disprezzo è un’emozione adeguata alla loro difesa all'interno della comunità o di un terminato gruppo di appartenenza.
 Possiamo individuare il disprezzo sul volto di un nostro interlocutore?
 Certamente sì, anche se spesso lo possiamo confondere con il sorriso. Tuttavia questo è un errore frequente commesso da chi non conosce il linguaggio del corpo in generale.
 Inoltre, il disprezzo è un’emozione differente dal disgusto, infatti è possibile mostrare disprezzo verso le persone (simultaneo innalzamento e allargamento del labbro superiore su un unico lato della bocca), ma non lo possiamo mostrare verso i cibi.
 Non si prova disprezzo neanche per odori e oggetti.
 Possiamo avvertire un cattivo odore, in quel caso si può provare disgusto, ma non disprezzo; forse il disprezzo è collegato con chi è portatore di un odore sgradevole, ma mai nei riguardi di un odore in particolare. Il disprezzo si manifesta quando ci troviamo di fronte a situazioni ritenute immorali, e si prova un senso di superiorità rispetto a chi ha compiuto l’azione fuori dalle regole.
 A questo punto del nostro discorso, possiamo concludere dicendo che l’emozione del disprezzo consente alla persona di modulare, rendendole più funzionali, le proprie relazioni sociali e di confrontarsi, anche nell'immediatezza del vissuto emotivo, con i valori e norme di comportamento socialmente condivisi

sabato 1 giugno 2019

LA VIOLENZA PSICOLOGICA


Secondo l’ONU, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, la violenza è “qualsiasi atto che può provocare, danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione e la deprivazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che privata”.
 Le forme più comuni di violenza sono:
Violenza fisica, Violenza psicologica¸ Violenza sessuale, Violenza economica, Violenza familiare: varia combinazione di violenza fisica, psicologica economica e sessuale agita all'interno dell’appartamento da persone con cui si convive.
 Per quanto ci riguarda, in questo spazio analizzeremo la sola violenza psicologica in quanto essa non sempre è individuata anche dalle stesse vittime come un atto violento. Invece è necessario riconoscerne l’importanza, non soltanto  perché anticipatore di altri tipi  di violenza tra cui quella fisica, ma anche perché di per sé causa di sofferenza e disagio in chi la subisce.
 La violenza psicologica si organizza vicino a particolari comportamenti e/o atteggiamenti che si ripetono e si rafforzano nel tempo; una serie di piccole violenze che in linea generale  aderiscono al seguente modello: tutto comincia con il controllo continuo dell’altro, si passa poi alla gelosia e alle molestie insistenti, sino a giungere alle umiliazioni e al disprezzo.
 Il controllo si può tramutare in un comportamento esageratamente geloso, all'incirca patologico, contrassegnato da sospetti continui ed infondati. Il partner diviene un oggetto da possedere in modo privilegiato, non è riconosciuto come una persona diversa da se stesso.
 Molto spesso, nell'ambiente della violenza casalinga, il controllo sulla donna è conservato grazie anche al suo continuo isolamento: le viene impedito di svolgere attività lavorativa e di avere una propria vita sociale, di frequentare gli amici, d’ intrattenere rapporti con conoscenti e con la famiglia, al fine di renderla totalmente dipendente dal partner, in questo modo che non sfugga al suo controllo.
 L’isolamento è al tempo stesso causa e conseguenza dei maltrattamenti; in queste particolari situazioni le donne parlano a volte di sentirsi prigioniere.
 Un piano alla base della violenza psicologica è edificato dalle critiche mortificanti con lo scopo di rendere fragile l’autostima della persona, a dimostrarle che è carente di valore, ad esempio la persona  può essere screditata per quello che svolge, può essere accusata di pazzoide, criticata  riguardo al suo aspetto fisico o peggio alle sue capacità intellettuali. Continuare a svilire, umiliare, ridicolizzare, sono gli atti specifici della violenza psicologica.
 A volte, quando le critiche e le umiliazioni riguardano in modo particolare la sfera sessuale, queste generano un senso di vergogna che diventa un ulteriore ostacolo al chiedere un aiuto esterno.
 Inoltre la violenza psicologica può comprendere anche minacce o atti intimidatori quali lanciare o rompere gli oggetti, sbattere le porte e così via. Tali comportamenti hanno lo scopo d’ intimidire l’altro, minacciandolo della propria capacità fisica di fare del male a se stesso e agli altri.
 La minaccia del suicidio è una violenza di massima gravità perché porta il compagno a sentirsi responsabile delle azioni dell’altro e a dover restare fermo per la paura delle possibili conseguenze di qualsiasi sua scelta.
 La regolare critica quotidiana e i continui insulti alla persona, maschio o femmina poco importa, minacciano la sua autostima. Sentendosi continuamente disprezzata, essa stessa inizia a disprezzarsi e a sentirsi non degna di essere amata e rispettata.
 Va da sé che mentre gli esiti della violenza fisica sono subito individuabili e agevolmente diagnosticabili, è certamente più difficile rendere visibili quelli causati da una violenza psicologica. Vi è, ancora, qualche difficoltà a individuare le violenze psicologiche stesse, giacché i loro confini non sono così definiti: una stessa azione può prendere su di sé significati diversi a seconda del contesto in cui si inserisce e a seconda della persona che la valuta.
 Infine, la violenza psicologica spesso è negata sia dall'aggressore che dai testimoni; mancano elementi che provano la realtà di ciò che la vittima subisce e questo fa sì che la stessa persona che ha subito la violenza dubiti di ciò che prova.