sabato 25 novembre 2017

mercoledì 15 novembre 2017

LA FOBIA UN'EMOZIONE NEGATIVA

La fobia è una paura estrema, irrazionale e sproporzionata per oggetti, situazioni, animali, persone che non rappresentano una reale minaccia e con cui gli altri individui si confrontano senza particolari tormenti psicologici. Le più frequenti sono le fobie sociali, come la paura di parlare in pubblico e le fobie specifiche, come la paura di volare, degli insetti, dei cani, dei gatti e così via.
 Il soggetto affetto da una fobia è perfettamente conscio di riconoscere che la sua paura  è assurda e che non dipende da un reale pericolo dell’oggetto, attività o condizione temuta, ma che i suoi motivi  si trovano altrove, ossia nel proprio percorso evolutivo,  nonostante  molti  previlegiano convivere con fobie angosciose e limitanti invece di capirne le origini e liberarsene, avendo timore anche nei confronti di un altro percorso che lo conduce non soltanto di liberarsi dei sintomi molesti ma anche delle nuove  limitazioni ad essi congiunti, venendo a conoscenza delle cause.
 Le fobie, quindi, non sono altre che paure ingiustificate di animali o di una particolare situazione, il contatto con i quali determina nella persona una intensa reazione di paura o angoscia.
 Una persona che soffre di una fobia, come ad esempio la paura dei gatti e dei ragni, può accadere di essere sopraffatta dal terrore, al solo pensiero di entrare in contatto con un piccolo e docile animale, come un gattino anche neonato o anche con una timida lucertola. Questo succede pure per azioni svolte in modo naturale da moltissime persone (passare per un luogo aperto, andare in un negozio, partecipare a un congresso e così via). Pertanto se la persona, ad esempio, soffre di claustrofobia entrerà in un esagerato stato d’ansia fino al terrore, al pensiero di essere costretta ad entrare in un treno o nella metropolitana perché la paura di cui diventerà preda, sarà quella di non poter uscire come vorrebbe se all’improvviso ci fosse un pericolo.
 Le persone colpite da disturbi fobici, sono coscienti dell’assurdità del loro disturbo, ma nel contempo non hanno la forza di controllare la loro paura. L’ansia generata dalla fobia, rivela una serie di espressioni a livello psicofisiologico.
 A tale livello i sintomi più comuni sono i seguenti: vertigini, extrasistole, tachicardia, disturbi gastrici con nausea, diarrea, senso di soffocamento, disturbi urinari, rossore, sudorazione eccessiva, tremore e spossatezza.
 Un comportamento particolare che mettiamo in atto quando abbiamo paura è quello della fuga dalla situazione temuta, che negli uomini delle caverne era finalizzato alla propria salvaguardia. D'altronde, quando si ha paura di qualcosa, si sta male ed è abbastanza normale voler fuggire: la fuga è un’ottima tattica di emergenza.
 Sin qui abbiamo parlato di fobie specifiche, resta di analizzare brevemente quelle di origine sociale.
 Per fobia sociale s’intende la paura di prendere iniziative di fronte agli altri, nel   timore che il proprio agire possa mostrarsi sgradevole o umiliante per colui che le fa e di ricevere come esito dei giudizi negativi. In breve consiste in una fobia che porta ad evitare all’incirca la maggioranza dei momenti sociali, per paura di commettere  qualche azione errata e di conseguenza essere giudicati male per questo. Le persone affetta da fobia sociale,  temono circostanze in cui sono costretta a produrre qualcosa davanti agli altri, come per esempio presentare una relazione o semplicemente parlare con amici ma spesso solo magiare o fare una telefonata in presenza di altri. Le persone con fobia sociale sono moltissimo timorose che i segni della propria ansia siano o diventino manifesti agli occhi degli altri, come la loro tendenza ad arrossire e sudare facilmente, oppure avere degli attacchi di aritmia cardiaca.
 Per concludere un consiglio utile per affrontare fobie è quello di fare una lista delle situazioni o delle paure che limitano la nostra vita e che desideriamo superare: immaginate ad esempio quella specifica situazione e analizzate attentamente le possibili reazioni. Qual è l’azione che ci fa più paura? Come possiamo superarla senza fuggire? Quali sono i nostri punti fragili, ma anche le nostre potenziali energie interne?
 Successivamente proviamo ad esporci in modo graduale alle situazioni che causano la fobia, valorizzando i risultati ottenuti, per quanto minimi. Occorre essere decisi nel perseguirli e premiarsi ogni qual volta che se ne ottiene un successo. Anche un piccolo risultato positivo è già un grande vittoria.


  



mercoledì 1 novembre 2017

L'ABBANDONO EMOZIONE DA CONOSCERE

La paura di essere abbandonati è un’esperienza abbastanza comune tra le persone, ovvero il timore di rimanere soli, per sempre privi di un legame affettivo, senza che nessuno si occupi di loro. Ciascuno di noi, infatti, può avvertire il timore di essere abbandonato, ma in linea generale la maggior parte ci convive senza alcuna conseguenza specifica.
 Alle volte questa paura non è correttamente amministrata e di conseguenza si tramuta in vera e propria sindrome tramite l’espressione di un disagio psichico fino all’angoscia più nera o alla depressione.
  Questa emozione può colpire sia i bambini (in modo particolare verso la figura materna), sia gli adulti. Si ha paura che la persona cara possa andare via o addirittura morire e si rimane sempre della certezza che nonostante il tutto proceda bene prima o poi si finirà soli. Ci si avverte uno stato emotivo dipendente dall’altra persona e non si ammettono le separazioni, anche di breve durata, per la paura di non avere più la relazione di intimità.
 Predisposizione naturale o famiglie in cui lutti o veri abbandoni sono stati trascurati o peggio ignorati, questi elementi possono causare nei componenti la sindrome che procura una disposizione patologica di cui non si riesce più a controllarla.
 Nella persona adulta che patisce di sindrome dell’abbandono è come se dominasse un pezzo bambino che necessita di cure. Quel bambino triste costituisce la parte infantile che è stata trascurata emotivamente. Non ci si rende conto che le cure verso quel bambino trascurato possono essere offerte dall’adulta che è diventata.
 Da tale fragilità interiore si palesano tutta una serie di comportamenti nocivi che mirano ad esorcizzare l’abbandono da parte dell’altro: gelosia morbosa, controllo esagerato, ricatti morali, annullamento di sé e la perdita di imparzialità nei riguardi della relazione. Tutti indicatori che se non sono tenuti adeguatamente a bada vanno  inevitabilmente a concludersi in una dipendenza affettiva con tutte le conseguenze che molto bene conosciamo.
 Per poter superare un abbandono occorre il tempo solamente se impariamo ad utilizzarlo: serve per apprendere la radice del dolore, serve per capire come mai viviamo un allontanamento come un abbandono, serve per comprendere che inutili sensi di colpa ci allontanano solo dal cuore del problema, serve a prendere coscienza delle proprie responsabilità, che non significa necessariamente colpe. Il tempo serve a superare l’abbandono quando quello spazio temporale a nostra disposizione impariamo ad attraversarlo, quando apprendiamo a contattare il tempo in cui si è verificato quello specifico abbandono remoto che ci impedisce di svolgere le nostre attività quotidiane e i nostri rapporti sociali in modo sereno, quando impariamo a vivere i nostri rapporti interpersonali senza caricarli del fardello dei nostri fantasmi.
 Certamente l’abbandono è un’emozione che si può superare, tuttavia non esiste un unico metodo per metterlo in atto, pertanto non facciamoci incantare da patetici video o da moltissime ricette che ci narrano con voce suadente il modo con cui guarire le ferite. Per poter superare un eventuale abbandono ognuno di noi deve poter trovare il metodo di guarire la propria ferita. Che scotta terribilmente. Ma a bruciare non è la perdita attuale della persona amata o di un lavoro, ma il dolore remoto che quello attuale ha soltanto risvegliato.
 Superare l’abbandono è possibile, realizzabile, bisogna trovare la forza dentro di sé per mettersi in discussione, per andare a cercare un modello diverso di affrontare le avversità della vita. Per cui, percepiamo la rabbia, la tristezza o la gelosia quando arrivano, senza forzarci di mandarle via, solo così verranno messe in campo nuove energie psichiche per trovare le soluzioni più giuste per noi.

 In questo modo, scopriremo che mentre si chiude una porta, si aprono nuove possibilità, ad esempio, si ripropone un incarico di lavoro che aspettavamo da tempo o arriva una certa telefonata inaspettata che apre nuovi orizzonti, interessi  o modi di essere.