lunedì 20 aprile 2015

LIBRI-libri


LA FRAGILITA’ CHE E’ IN NOI, di Eugenio Borgna.
Sinossi
Quale è il senso di un discorso sulla fragilità? Quello di riflettere sugli aspetti luminosi e oscuri di una condizione umana che ha molti volti e, in particolare, il volto della malattia fisica e psichica della condizione adolescenziale - con le sue vertiginose ascese nei cieli stellati della gioia e della speranza, e con le sue discese negli abissi della insicurezza e della disperazione -, ma anche il volto della condizione anziana, lacerata dalla solitudine e dalla noncuranza, dallo straniamento e dall'angoscia della morte. La fragilità, negli slogan mondani dominanti, è l'immagine della debolezza inutile e antiquata, immatura e malata, inconsistente e destituita di senso; e invece nella fragilità si nascondono valori di sensibilità e di delicatezza, di gentilezza estenuata e di dignità, di intuizione dell'indicibile e dell'invisibile che sono nella vita, e che consentono di immedesimarci con più facilità e con più passione negli stati d'animo e nelle emozioni, nei modi di essere esistenziali, degli altri da noi.
Nota critica
 La fragilità non significa uno stato di precarietà, di difetto strutturale della materia, come il rompersi di un oggetto di vetro. Attraverso un attento percorso  tra le emozioni e tra le <<falde più profonde e creatrici della nostra interiorità>>  il professore Eugenio Borgna psichiatra e fenomenologo di fama, analizza con la sua decennale esperienza professionale gli elementi psicologici  (valori) che si celano dietro questo <<stare al mondo>> che ci seguono continuamente e cerca, elemento dopo elemento, a dare il giusto significato. <<Ci sono emozioni forti ed emozioni deboli, virtù forti e virtù deboli, e sono fragili alcune emozioni più significative della vita. Sono fragili la tristezza, la speranza e l’inquietudine, la gioia e il dolore dell’anima. E in che cosa consiste la loro fragilità?>>. Da questo incipit, riportato in  copertina del prezioso libretto, Borgna si addentra nel pianeta umano e inizia a scavare nell’animo di chi soffre.
Diversi e articolati sono i passaggi significativi riportati nel saggio, che suggeriscono l’estrema  difficoltà di riassumere nello spazio della nota; per cui – sintetizzando il pensiero dell’autore - , diremo che tutti gli esseri umani sono fragili e possono rompersi sotto la spinta del dolore psichico e della stanchezza  di vivere. Tuttavia trasformando con dolcezza <<le relazioni umane, immergendole in atmosfere di accoglienza e di non conflittualità>> si possono allontanare le ombre e le inquietudini del cuore.                          

 

martedì 7 aprile 2015

L'INVIDIA, UNA EMOZIONE DA GESTIRE

 Nella società tecnologica, come la nostra contemporanea, in cui l’individualismo è l’icona, segno visivo di una realtà esterna, caratterizzata da egoismo, da eccessiva considerazione di sé, l’invidia trova terreno fertile per alimentarsi e svilupparsi.
 Che cosa è l’invidia? Tralasciando le teorie bioneurologiche, dal punto di vista psicologico l’invidia è un’emozione spiacevole, spesso penosa, caratterizzata di inferiorità, ostilità e risentimenti che ha origine dalla presa di coscienza che un’altra persona o un gruppo di persone posseggano un bene ambito – oggetto, posizione sociale, titolo o qualità professionale. Insomma, è una motivazione, un desiderio di qualcosa posseduta da un altro. Dal punto di vista sociale, l’acido corrosivo dell’invidia distrugge il tessuto sociale.
  L’invidia è un sentimento noto sin dall’antichità e su di essa si è riflettuto e scritto molto. Tra le tante testimonianze, qui riporto in sintesi l’intervento dell’Apostolo Paolo che si lamentava di alcuni che << predicano Cristo anche per invidia e per rivalità>> Filippesi 1:15,18 e l’incontro di Dante con gli invidiosi (43-72) del XIII Canto del Purgatorio. Il poeta è molto colpito dalla pena degli invidiosi, tanto che non crede ci sia uomo così duro da non esserne commosso: infatti, quando li vede meglio è costretto a versare lacrime.
 Oggi, è importante ritornare a parlare dell’invidia, perché a differenza di altre emozioni negative (tristezza, angoscia, collera, vergogna, disagio) che oscurano la nostra parte razionale (che però non vanno eliminate ma gestite)  è un sentimento che danneggia tutti, chi la prova e chi la subisce.
   Se, quindi, è un’emozione sorretta da un mega e distruttivo egocentrismo, linvidia  amareggia l’esistenza. Ma non è tanto il voler avere ciò che l’altro possiede in talenti e qualità, è l’odio per quello che l’altra persona ha oppure rappresenta. La persona che invidia un’altra carismatica, ricca di passione e ingegno, amata da molti conoscenti del proprio ambiente, che fa le cose non per mettersi in mostra ma per piacere, non si accontenta di rodersi dentro, ma semina calunnia, desidera distruggere i pregi dell’altro. L’invidia si alimenta di risentimento. Si insinua nella pretesa che ciascuno ha di valere qualcosa a se stesso e agli occhi degli altri. La invidiosa sminuisce i successi altrui e li attribuisce alla fortuna o al caso o sostiene che siano frutto di ingiustizia. La professionalità e l’entusiasmo altrui sono fonte di personale frustrazione.
 Si può trasformare l’invidia o, in genere, un’emozione negativa in positiva? Secondo la psicologia si può, avendo a disposizione grande forza di volontà ed energia psichica per non identificarsi con l’emozione quando in modo autonomo s’instaura. A questo punto bisogna riconoscere la causa della sua presenza che non è esterna ma è tutta interna a noi, per cui per trasformarla e gestirla bisogna adottare una intensa e assidua meditazione (intesa quest’ultima come una profonda riflessione della mente atta a ricercare la ragione di questa autonoma e improvvisa intrusione).
                                                                           E. C.  
Didattica emozionale.