venerdì 15 marzo 2019

LA NOSTALGIA UNA RISORSA ESISTENZIALE


 La nostalgia si rappresenta come un’emozione che ci conduce a ripensare a qualcosa del passato che non esiste più e mette insieme la soddisfazione per ciò che si è vissuto con l’accettazione che si parla di un periodo già trascorso che non tornerà.
 Da alcuni studi di psicologia viene fuori  principalmente che le persone provano nostalgia innanzitutto ricordando qualcosa che le hanno implicate personalmente, attimi in cui hanno agito il ruolo di protagoniste della scena e soltanto casualmente ricordando momenti nei quali erano semplici attente osservatrici esterni. Con altre parole si rievoca con viva nostalgia ad esempio un abbraccio affettuoso ricevuto da una persona cara che uno osservato.
 La nostalgia, quindi, è un’emozione provata piuttosto di frequente da tutti i tipi di personalità, deboli o forte che siano. Essa ha la capacità d’influenzare non solo la nostra psiche, ma anche il nostro corpo, attraverso una serie di sintomi che interessano il sistema cardiorespiratorio, i disturbi dell’appetito, l’ansia e così via.
 Gli oggetti più assidui di episodi nostalgici sono anzitutto eventi che lasciano segni profondi nella mente (come una vecchia fotografia, la panchina su cui eravamo soliti sederci) e le persone ( sono naturalmente quelle rilevanti per noi: genitori, fratelli, amici, colleghi, un loro sorriso, un gesto, o particolari momenti trascorsi in loro compagnia), a volte di rado specifici eventi (un viaggio), periodi della vita e, impensato, anche animali (cane, gatto).
 Secondo alcune ricerche, la nostalgia sembra stimolata da un particolare stato d’animo negativo, nello specifico da un senso di tristezza, di solitudine.
 Tuttavia, vi sono altri elementi che attivano la nostalgia come le scambievolezze sociali, cioè rivedere amici di un tempo e ricordare con loro gli avvenimenti del passato, gli stimoli sensoriali (come caratteristici profumi, musica), gli oggetti (come gli anelli del matrimonio, una fotografia), inattività (cioè momenti di rilassamento totale), infine occupano un posto privilegiato gli anniversari (come  la data del primo incontro, il venticinquesimo)  e le emozioni positive (felicità, gioia ecc.).
 La nostalgia, secondo alcuni ricercatori, sul nostro stato mentale fa nascere un’emozione positiva atta a bilanciare momenti di tristezza o di solitudine, inoltre rinforza i legami sociali e aumenta l’autostima.
 La nostalgia si presenta per rammentarci che abbiamo un passato e che ciò che abbiamo vissuto ha avuto un senso benefico per noi. 
 Moderni studi affermano che la nostalgia non è una debolezza ma una risorsa psichica. Le persone, infatti, nostalgiche sono più vigorose, in quanto valide a ricompattare i frammenti del passato e a rendere la vita un cammino consistente.
 L’emozione che abbiamo in presenza di una vecchia fotografia  di un tramonto o dell’incontro con un vecchio conoscente non prende in breve la durata di un attimo ma produce un collocamento tra quello che eravamo e quello che realmente siamo,  donandoci la sensazione che la nostra esistenza abbia avuto un cammino terreno saggio, ricco di esperienze ed emozioni, nel bene o nel male.
 A questo punto possiamo dire che la nostalgia possiede potere terapeutico positivo se le persone sono idonee a percorrere a ritroso la propria vita, dando ai ricordi il giusto valore.
È del tutto evidente che una quota esagerata di nostalgia può privare la mente di spazi preziosi e rendere pessima la qualità della vita, mutandosi nelle circostanti più gravi in vera patologia.
 A tale proposito è bene ricordare che vi sono persone che non sono capaci di trarre beneficio dalle attività quotidiane e trascorrono il loro tempo continuamente nel passato.
 Tuttavia se si è portati a ricercare benessere psicofisico soltanto nel proprio passato, la nostalgia diventa negativa e capace di accrescere il dolore psichico nei riguardi al presente e al futuro, e questa evenienza conduce certamente alla depressione. Ogni qual volta invece che si ottiene di rivivere il passato con gioia, senza permettere che il presente sia messo sottosopra e invaso dai ricordi, la nostalgia può divenire un’emozione caratteristica, dall’aspetto delicato, pure se un po’ triste. 

venerdì 1 marzo 2019

LA RASSEGNAZIONE UN SENTIMENTO AMBIGUO


La rassegnazione è un sentimento di significato duplice. Questo particolare aspetto della nostra vita, se trascorso a modo e nei tempi giusti, da una mano a rimettersi in movimento dopo  un turbamento psicologico; quando invece diviene  un’abitudine che copre ogni spazio della mente può recidere le gambe perfino alle circostanze più favorevoli. Sebbene siamo soliti collegare la rassegnazione a un’idea di fallimento e di perdita senza ritorno di speranza, saper accoglier benevolmente questo sentimento in alcuni momenti si scopre un’arma vincente. Certo, in quanto  l’attitudine di ricevere un evento negativo come frammento della vita, tollerare l’impossibilità di realizzare qualcosa o di una sottrazione affettiva o sentimentale , sono nostre mansioni indispensabili,  se non altro penose. 
 Insomma non bisogna coltivarla, bensì contrastarla. Quando tutto intorno a noi è triste, buio dobbiamo alzare la testa e guardare avanti, quando ci sentiamo soli contro il mondo dei viventi dobbiamo assolutamente combattere. Ciò perché la rassegnazione è un sentimento capace di bloccarci in uno stato d’inerzia, allora occorre trovare la forza di accettare la situazione qual è e poi cercare di cambiarla.
 Talora  non arretrare a un avvenimento ( ad esempio  un amore che finisce, perdere il posto di lavoro, l’età che va avanti e così via) non soltanto rende molto triste, ma ci inchioda in uno stato d’animo che aggrava nel tempo. Se riusciamo a giungere al momento di rassegnazione,  nel senso che cessiamo di contrastare e di lottare quell'evento, possiamo iniziare a progettarlo, ad andare al di là e a ripartire. E svelare, laddove non si tratti naturalmente di episodi traumatici o luttuosi, che probabilmente il dire di no che la vita ci ha comunicato ci sta muovendo verso qualcosa che è molto più favorevole per noi.
 La rassegnazione si tramuta in una attività negativa quando anticipata, nel senso che è presente molto prima di scontrarsi con qualcosa, o quando è tempestiva, ossia occupa il posto al primo intoppo di un itinerario o progetto. Disagio che tuttavia per legge di natura non può non rivelarsi. La persona non presta fede quando inizia una storia d’amore, quando compra un gratta e vinci, quando un amico intimo scontenta un minimo. Le sue espressioni particolari sono:<<Comunque so che andrà male>>; <<Conosco perfettamente che sarebbe andata in questo modo>>. Un pregiudizio su se stessi e sulla realtà che si amplia ad altre persone o a tutta la sfera del vivere.
 Questo è un esempio di rassegnazione che porta via l’iniziale passione principale, per incominciare una qualsiasi attività. Inoltre, essendo sprovvista di obiettività, non permette di cogliere le reali occasioni positive innate spesso negli attimi di difficoltà soggettiva. Praticamente, non consente mai di mettere a frutto la crisi, e questo ostacola alla persona di potere progredire, svilupparsi, mutarsi. Altre-sì perché colui che si rassegna, che non ha fiducia in nulla, non si dispone mai al massimo in una circostanza: vive in economia nella convinzione impacciata di risparmiare l’ulteriore delusione che, proprio per ciò, giunge tempestiva. 
Ora alcuni consigli per cambiare comportamento.
 Per prima cosa bisogna accettare i propri limiti. Se risponde al vero che la consapevolezza dei propri limiti aiuta, è altrettanto vero che i limiti troppo rigidi finiscono per soffocare la gioia di vivere. Ciò che blocca l’insicuro è la paura di cambiare, di essere diverso dagli altri o da come lui stesso è abituato. Il suo pessimismo e la sua diffidenza lo difendono dal desiderio di lasciarsi andare. Il rassegnato dovrebbe imparare a cedere e scopre che ciò che sta evitando è la possibilità di vivere meglio.
 Evitare di arroccarsi nella propria posizione in maniera critica e rinunciataria, ma aprendosi il più possibile al mondo esterno.
 Invece di chiedere consigli a tutti senza però mai modificare il carattere, impara ad ascoltare chi ti parla; esci dal proprio dialogo interiore.
 Non ripetere le solite frasi, quali: “L’ennesima fregatura”, “Chi me lo fa fare” e così di seguito.
Infine, uscire dai soliti ruoli. Ad esempio ci sentiamo troppo stretti nel ruolo di coniuge o di genitore, ogni tanto diamo un calcio a tutti i cliché legati al ruolo che occupiamo in famiglia senza la paura di perdere la rispettabilità o l’orgoglio.
Scopriremo che, essendo noi stessi, il clima familiare sarà più vivibile per tutti.