venerdì 17 ottobre 2014

LO SMEMORATO

  A proposito di nomi, non ricordo più il mio, né la mia professione, né da dove provengo; nulla insomma, come se la mia mente fosse ritornata ai tempi della mia prima infanzia. Ogni tanto tra le strutture dei miei neuroni ronzano nomi vari che, come impulsi elettrici, accendono la lampada della ideazione illuminando per attimi il buio pesto della mente; ma poi il solito “clic” del misterioso interruttore mentale interrompe il momentaneo incantesimo e il mostro nero ritorna a coprire le vie nervose intasate da scorie organiche.
   Sta di fatto che mi trovo in un centro di malattie mentali della Capitale – un palazzo sei o settecentesco immerso in un misto verde che mi pare finto, tanto è stretto nella morsa di cemento che da ogni dove lo circonda – in compagnia di ogni sorta di rifiuti umani; esseri che non hanno più nulla di vivo, anche se sono vivi tra esseri viventi.
   Io, in questo posto di apparente tranquillità e benessere fisico, non ero venuto con le mie gambe. Quel aguzzino-amico di Gianni, il capo sala, un misto quasi confuso di franca e sincera solidarietà per i dolori umani e di scrupolosa osservanza delle terapie fisiche non sempre salutari per i pazienti, aveva detto che alcuni soccorritori mi avevano portato in quel nosocomio con un’ambulanza della Croce Verde, con la testa rotta e in preda a un grave shock psichico, dopo che i pompieri, aperto un varco con la fiamma ossidrica, mi avevano raccolto tra le lamiere contorte di una carrozza ferroviaria che si era rovesciata in una scarpata in seguito a non so quale causa.
   Ma cosa ci stavo a fare su quel treno? Da dove provenivo e dove ero diretto? Ma, soprattutto, perché non si trovavano i miei documenti?
 Sicuramente dovevo portare con me un bagaglio o una borsa o una giacca col portafoglio. “Non se lo ricorda? Nooo?”, mi ripeteva il professore Verdone, direttore dell’ospedale psichiatrico, nei colloqui terapeutici.
   Certamente il professore aveva ragione; quando un individuo viaggia si porta dietro se non un grosso bagaglio almeno la valigetta ventiquattr’ore con lo stretto necessario; ma nella mia mente c’era tanta confusione e per quanti tentativi facessi nei meandri del cervello non scorgevo altro che mucchi di immagini di poveri dementi incappati nella trappola di un paradiso senza ritorno. Inutile spremere le meningi, oltre a quel branco silenzioso, a volte agitato, di dannati che mi giravano continuamente intorno mai sazi d’osservarmi, come per dire: beato lui che ha perso l’uso della memoria, non ricordavo né il volto di una persona amata, né il nome di un politico cui dovevano andare le mie simpatie: avevo cancella tutto, non riuscivo a distinguere nomi e persone.
   Ma qualcosa doveva pure affiorare, per tutti i diavoli del mondo! Si agitava il professore sdraiato vicino alla finestra e mi fissava negli occhi.
“Chi è costui?” mi gridò all’improvviso un mattino mettendomi sotto gli occhi una fotografia, formato trenta per venticinque, di un vecchio dalle gote cascanti e dal volto devastato dalle rughe.
“Aldo Valleschi” risposi con sicurezza, dopo aver girato e rigirato il ritratto tra le mani.
“Ma non dica idiozie” sbottò il medico e per l’incontrollata impazienza picchiò con la punta del piede contro il legno della scrivania. “Questo è ...”, s’interruppe.
  Non gli risposi, né egli mi rivolse alcuna domanda. Nella profondità del silenzio della stanza, osservavo il volto del professore che mi stava di fronte: aveva sulle labbra una smorfia dolorosa, ma non era adirato: capiva che noi due combattevamo fianco a fianco lo stesso drago. Sicuramente egli pensava alla risoluzione del mio difficile caso clinico; io, invece, ero fermo con la mente a considerare  la somiglianza tra il mio compagno di stanza, un depresso abbandonato qui trent’anni prima dai familiari e lo sconosciuto  della fotografia. Che combinazione, pensavo, sembravano due gocce d’acqua, tanto erano simili: avevano gli stessi occhi, la stessa bocca, lo stesso naso, le stesse rughe e persino la medesima espressione, sciatta e spenta, adattata, non per necessità di copione, sul volto freddo e lungo, che non poteva chiedere più nulla alla vita.
 Se non riuscivo a distinguere, dovevo imparare daccapo. Ah! ma avevo l’impressione di non dover mai imparare, anche se tutti, medici e infermieri, mi ventilavano sotto il naso la necessità e l’urgenza d’apprendere. Eppure quando un individuo s’accorge d’essere in difficoltà gli basta uno sguardo, una mossa, una piccola cosa per imparare, e s’impara velocemente.  Io, invece, per quanti maestri ebbi, non facevo alcun progresso: c’era qualcosa di diabolico, qualcosa di animalesco in me, che s’intonava molto bene col mio aspetto fragile e convincente, un salutare e misterioso miscuglio che immobilizzava la volontà e il desiderio di fare degli stessi terapisti e non spiegava il mio momentaneo arresto psichico.
   Per esercitare la mia memoria, il professore aveva preparato un apposito labirinto. Mi faceva prima camminare in diverse stanze comunicanti e studiavo il percorso, poi mi bendava ed io dovevo andare da una stanza in un’altra servendomi del tatto e del fiuto. Non lo nego, facevo qualche progresso visibile. I miei neuroni, malgrado la botta, non erano del tutto disfatti, come quelli dei miei compagni di detenzione distrutti dagli psicofarmaci. Avevo notato molti piccoli particolari positivi; ricordavo, per esempio, perfettamente ogni angolo, ogni oggetto, ogni odore delle singole stanze; ciò faceva sperare in una prossima guarigione, ma non tutti i medici erano ottimisti: qualcuno aveva notato il mio scarso entusiasmo di partecipare al gioco terapeutico e la poca enfasi nell’accogliere i primi risultati.
   In verità, io non facevo tanto sforzo per guarire; recitavo la mia parte d’ammalato nel modo migliore e nel modo più convincente per me e per loro, i medici e gli infermieri, in quanto nessun altro, escluso l’interessato, sa cosa realmente succede nella mente di un individuo.
   Questa mia involuzione mi era incomprensibile. Sperimentavo sul mio stesso corpo gli sguardi gelidi degli occasionali e frettolosi visitatori, gente indaffarata che veniva saltuariamente a fare il giro delle gabbie, come in un giardino zoologico, a osservare gli animali selvatici corrosi dall’odio e pazienti con le mosche ronzanti attorno agli occhi umidi. Ma continuavo lo stesso a fare la parte dello smemorato e lasciavo fluire i cattivi umori e le promesse al di là della mia coscienza.
   Forse un giorno verrà l’ora del ritorno tra le cose razionali; comunque, oggi, continuo a passeggiare, perché non posso farne a meno, nei corridoi dell’ospedale psichiatrico, malgrado il caldo afoso della stagione estiva, in attesa della terapia fisica o di un colloquio col professore, fingendo d’ignorare le smanie di un vicino di stanza, un paranoico, infastidito dalla mia presenza.
“Ehi, tu, 34, tieniti lontano dal mio territorio” mi grida ogni qualvolta gli passo davanti.
   Io rimango muto e continuo per la mia strada, con le mani in tasca e con lo sguardo fuori dalle finestre.
   Malgrado tutto, quel numero mi piace; ha sostituito efficacemente il mio cognome e nome e più o meno mi ha sottratto a una vita a rincorrere chimere.       

                                                                              E.C.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sabato 11 ottobre 2014

RECENSIONE


 “Scritti di psicocritica. Profili psicologici di poeti e scrittori contemporanei
    Di Teresa Gentile
E’ un’avventura dell’anima leggere il recente testo “Scritti di psicocritica” del Prof. Enrico Castrovilli. Un testo che, in modo certosino, indaga profili psicologici di poeti e narratori italiani contemporanei. Già la copertina ci intriga con l’immagine di due mele verdi, simbolo dell’io interiore frizzante, vivo, libero da ogni condizionamento ma ricoperte in parte da due maschere grigie,che rappresentano in pieno la naturalezza dell’io bambino, la sua sincerità intessuta di cari ricordi, delusioni, speranze. Invece la maschera grigia che copre in parte ognuna di esse rappresenta ciò che impone il “ruolo” che è opportuno recitare nella società con i suoi riti, il galateo, le leggi da far valere solo per pochi danarosi privilegiati, la fragilità di confine tra bene e male, diritti e doveri, fragilità ed eroismo nel quotidiano Ed è poi affascinante lasciarci amabilmente prendere per mano dal prof. Castrovilli e farci guidare a sentirci partecipi di un attraente panorama di letture “psicocritiche” che egli ci propone pur essendo medico psicologo di formazione analitica e letterato, oltre che raffinato narratore e certosino ricercatore di onde spirituali anomale,o pervase di amore, delusione, certezze, speranze, deliri. amore profondo,, comunicabilità, incomunicabilità espresse da vari narratori e poeti di generazioni diverse. Fa questo nella consapevolezza che ogni scrittore sia detentore di una propria verità , abbia dubbi e domande di particolare intensità emotiva perché collegati a precise problematiche familiari, sociali o affettive e scrivendo, sia portato a proiettare nelle parole un suo mondo soggettivo che chi legge mai potrà pienamente indovinare se non si accosta con amore, costanza, umiltà e impegno certosino alla lettura di tutta l’opera d’ogni autore. Essa,infatti, rispecchia sempre frammenti di storia, passioni e mille emozioni ed è questo che ci offre la chiave di lettura migliore per leggere e condividere il messaggio d’ogni scrittore e ricomporne integra l’immagine della sua vera interiorità scoprendo in essa bagliori d’arcobaleno e non il grigio della maschera dell’inconoscibilità. .In alcuni scrittori tale incomunicabilità delle proprie emozioni li porta a creare narrazioni in cui la realtà spesso si sfalda in una pluralità di frammenti che non hanno un senso complessivo. Ma con un ‘ opera certosina di psicocritica si giunge a ricomporre il mosaico della vera interiorità estetica dì ogni scrittore, si riscopre il suo vero io interiore privo di maschera e si genera una sorta di opera polifonica capace di aprir la strada a prospettive diverse, a più voci, capaci di intersecarsi e rafforzarsi senza mai opporsi o frantumarsi vicendevolmente dando vita ad un armonioso messaggio di natura cosmica poiché condivisibile al di là d’ogni limite di lingua, spazio e tempo.
Il fine precipuo che il prof. Castrovilli si propone è quello di attirare il lettore su una chiave interpretativa in grado di cogliere non tanto i comportamenti o fenomeni psicologici di singoli autori (la natura di questo o di quel comportamento), quanto un sistema generale di convenzioni che regoli, in modo chiaro, sano e armonico, il mondo esterno e quello interno di ogni individuo.
Nella scelta dei “casi”, l’autore si muove con grande disinvoltura tra i grandi e i piccoli scrittori , accomunati tuttavia da un sicuro spessore psicologico. Questi narratori e poeti, di generazioni diverse, hanno praticato una scrittura, per quanto collocata tra problematiche sociali e morali del tempo, che permette all’autore d’indagare negli oscuri meandri della coscienza – dove soggiorna l’angoscia personale dei personaggi e dei comprimari – ed è così che porta alla luce e decodifica dubbi e domande di particolare intensità emotiva.
Nella ricerca e nella stesura dei “medaglioni” è rilevante non solo la chiarezza dei limiti tra esigenze liriche e psicologiche, tra passioni e ideologie, tra soggettività e storia, tra pubblico e privato, tra vero e falso, ma si dipana, grazie ad un linguaggio agile e suadente l’indagine sulle motivazioni, sui rapporti, sugli stati affettivi, sui bisogni umani che ci forniscono le risposte attive e la chiave utile per leggere lo stato d’animo e il messaggio più autentico di ogni scrittore/poeta. Ed è così che veniamo aiutati a con-dividere le medesime emozioni e tali scrittori ce li sentiamo vicini, simili a carissimi amici.. Di Emilio Gadda cogliamo la sua cognizione del dolore inteso come generatore di fobie,deliri e idee coatte. Possiamo conoscere Giuseppe Di Viesto,uno dei maggior autori di San Vito dei Normanni e ammiriamo il suo particolare estro creativo espresso in racconti, commedie e liriche in vernacolo ed in lingua. Egli canta la fatica di vivere, la ricerca d’identità. la volontà di riconoscersi in ciò che è autentico e ci incanta con il suo universo sentimentale pervaso da tutte le in sfumature psicologiche dell’anima espresse in una ragnatela sonora che suscita emozioni profonde nell’anima di chi legge le sue opere. la sua poliedricità di interessi. In Michele Saponaro di San Cesareo di Lecce, coglie le emozioni del vagare quotidiano d’ogni uomo, la capacità non comune di esprimere aspetti sociali e psicologici e momenti non sempre idilliaci della realtà, difficoltà di convivenza, tormento della lontananza,solitudine, delusione e fermenti di rinnovamento.Di Sandro Penna (di Perugia) ci delinea la poesia del suo mondo emozionale. Rende a noi comprensibile il pianeta psicologico di Giulio Viola (di Taranto ) caratterizzato da una cortina di paure, ansie gelosia, ostinazione. Importante è il suo messaggio volto a porre in evidenza come le difficoltà personali di relazione positiva tra coniugi giunga a turbare la normale crescita psico.fisica dei figli.Di Amelia Rosselli (di Parigi ) è delineata la misteriosa angoscia del vivere personale incastonato nell’enigmatico mondo interiore e di Paolo Di Salvatore (di Carmiano, Lecce ) è delineata la voce inquieta che giunge dal profondo avvalendosi di una scrittura inquietante di derivazione psicologica, agile, asciutta, dominata da contrastanti stati d’animo. Ma Castrovilli ci presenta anche la poesia dei moti d’animo di Daniele Giancane e ci fa notare la sua capacità non comune di dar voce ai sentimenti ed alle emozioni e di valorizzare ciò che l’Io attinge dal Cosmo. Poi delinea gli effetti emotivi e sentimentali della scrittura di Mario Desiati ( di Locorotondo). ‘amore sensuale che domina in Enrico Bagnato di Lecce ); la ricerca della felicità, presente in Marco Missiroli (di Rimini ), le emozioni più segrete di Mariateresa Di Lascia ((Rocchetta Sant’Antonio ), i conflitti affettivi tra genitori e figli narrati da Paolo Giordano (Torino ) i flussi emotivi indagati da Elisabetta Liguori (Lecce ) fino a giungere allo straordinario impegno civile unito alla memoria personale della scrittrice lucana Anna Santoliquido che scrive con l’intento di liberarsi dai fantasmi della civiltà di cui ha però conservato la spontaneità ed i valori e sempre cerca di alimentare i cuori e le menti degli esseri umani con sentimenti, passioni e fantasie. A coronamento del testo è poi la voce dei sentimenti magistralmente espressa dall’opera letteraria di Luciano Pagano di Novara e dalla narrativa di Mimmo Tardio di Francavilla Fontana che scava in profondità nel proprio vissuto , apre la porta segreta del cuore ed affida all’io narrante sentimenti, emozioni e profonde riflessioni. Ed infine sentimenti, amicizia tradita e follia emergono nitidi dall’opera letteraria molto agile e fruibile di Giuliano Sangiorgi di Copertino noto come autore di tutti i testi e musiche dei Negramaro.Ancora una volta il prof.Castrovilli ci dona un lavoro di ricerca prezioso che tra l’altro ci rende fieri della presenza di tanti scrittori anche pugliesi capaci di renderci più capaci di esprimere sentimenti autentici e prevenire la sterile anestesia delle emozioni.


 
GIORNALE DI PUGLIA, mercoledì 8 ottobre 2014.

lunedì 6 ottobre 2014

I COLORI DELLA POESIA di E. CASTROVILLI ESPRESSI DALLA PITTRICE A.MICCOLI

Dal 13 al 27 settembre si è tenuta, nella pinacoteca comunale Salvatore Cavallo a San Michele Salentino una significativa mostra di pittura di Antonella Miccoli- Emozioni vivissime si sono intrecciate intrappolando vibrazioni d’anima tra gli interventi del sindaco avv. Piero Epifani, dell’assessore alla cultura avv. Maristella Menga, della prof. ssa Rita Fasano, curatrice della stessa pinacoteca, i pregevoli pezzi musicali a cura di Martina Barletta e Claudia Ligorio e letture di poesie del prof Castrovilli declamate con intensa partecipazione emotiva da Filomena Ligorio . L’inconscio collettivo ha fatto sentire la sua arcana voce tra note, rime, colori capaci di cogliere stati d’animo ed emozioni -Le linee della pittura astratta di Ahntonella Micoli in tale atmosfera di rapita elevazione spirituale parevano divenire ancora più morbide, voluttuose, avvolgenti, ricche di carica cromatica rasserenante, avulsa da ogni marcato, oppressivo tratto scuro, tipico di uno stato d’animo offuscato da odio, rancore, voglia di distruggere,appiattire, violentare, soffocare la vita. In una sorta di contagioso e benefico vortice positivo di buone emozioni riecheggiavano le rime del prof. Castrovilli in cui vibrava una sorta d’angoscia esistenziale simile a quella di Baudelaire ma caratterizzata da un delicato colore grigio perla, tipico di un’ angoscia positiva che è capace di dialogare con l’io interiore e la poesia, spalancare le finestre dell’anima e dar voce all’inconscio perché disciolga ogni catena , si possa librare verso l’infinito per condividere emozioni al di là d’ogni limite di spazio e tempo e possa consentire di liberare la creatività per sempre meglio esprimere la innata idea di bellezza, di armonia, di poesia.
La singolarità della pittrice Antonella Miccoli e dello scrittore, poeta e psicocritico letterario Enrico Castrovilli (come di Vittorio Bodini e Charles Baudelaìre a cui lei si è anche ispirata in altre opere ) è data dalla loro identica volontà di rappresentare l’interiorità simile a valanga intrappolata in un vortice muto intessuto d’inespressa poesia che attende che si spalanchino le finestre d’anima e abbia origine un diluvio di speranza e consapevolezza della propria luce per porre in moto la macchina del sentimento e la luminosità del proprio talento dia voce all’ angoscia esistenziale , ai ricordi , ai sogni e si manifesti nella sua integra armonia. Antonella ricerca il bello non dal punto di vista estetico e quindi come vuota maschera, ma nella sua essenza spirituale, Non riproduce la realtà visibile ai nostri occhi, ma si avvale di simboli, vortici di colore, segni tipici dell’astrattismo per esprimere la sempre inconoscibile interiorità complessa e mutevole ed il flusso emozionale interiore, imprevisto, imprevedibile e molto simile ad onde anomale costituite da un complesso puzzle quasi sempre frantumato tra un conosciuto intessuto di ricordi ed un inconoscibile fatto di simboli vaghi, indecifrabili, simili a sagome nascosta da fitta nebbia e che celano la realtà sotto segni inconscibili capaci però di suggerire emozioni e intensi stati d’animo, penetrando l’intima essenza delle cose e delineando speranze incastonate in un caleidoscopio di attese, sogni,sentimenti, angosce, certezze , fede e il tutto in un’aureola di colori mai violenti, scuri o predominanti, o accostati a caso ma ognuno con una sua ben definita ed armoniosa posizione simile a musica d’orchestra e quindi a espressione dell’io interiore Reale magia si è poi respirata ascoltando le delicatissime poesie di Castrovilli. Conoscevamo questo critico da tempo, ci è sempre piaciuto il suo modo appassionato di far critica sondando la psicologia degli autori letterari, di indagare le cause recondite del loro canto, della loro angoscia esistenziale, delle motivazioni poste alla base dell’ispirazione. Conoscevamo Castrovilli come medico psicologo di formazione analitica, narratore e illustre letterato esperto in psicocritica letteraria, collaboratore attivissimo di riviste e giornali con racconti e saggi volti a a studiare la natura dei comportamenti e delle problematiche sociali per indagare sugli oscuri meandri della coscienza e quindi sapevamo che fosse persona estremamente razionale . Ma in verità non conoscevamo invece Castrovilli come poeta. Francamente ci ha stupiti manifestando una delicata, suadente, elegiaca sensibilità che rispecchia la sua profonda conoscenza dei più reconditi moti dell’anima. Egli esprime il suo costante desiderio di aiutare chi legge ad orientarsi nell’universo dei sentimenti più autentici, belli , costruttivi, capaci di condividere la poesia e l’incanto delle vere emozioni che possono sembrarci simili a sogni meravigliosi, a splendide utopie ma che se crediamo veramente in essi , si possono avverare . I nostri sogni possono non esser più prigionieri di una “…..casa senza finestre e pervasi dall’insondable angoscia\ del tempo\ come segno di resa\ ad un raggio di più prigionieri di una “…..casa senza finestre e pervasi dall’insondable angoscia\ del tempo\ come segno di resa\ ad un raggio di luna piena \ che trafigge la mente “ ma sottraendosi al “fluido incolore della notte “ e alle molli braccia della sera “ pian piano si vibrano in volo mentre al silenzio della disfatta, all’ossessione del tempo fuggente, viene a sostituirsi la magia perlata del caldo sorriso di una nuova alba che effonde il profumo della speranza “……finchè la luce dura “, in quel frammento del giorno “ che “….se ne va silenzioso \ sulle lame del vento\ e il sole gioca a scacchi \ con il rosso e il nero dei tetti “ . (Dalla silloge “ La mappa dei sogni “)
. In Castrovilli che è certosino studioso, razionale e fermo custode degli echi poetici più interessanti ed attuali……non immaginavamo certamente la presenza di un io interiore capace di esprimere tanta intima poesia in modo appassionato, romantico, pregno di purezza assoluta e profonda verità capace di comunicare emozioni e librarsi verso l’immenso. . Una poesia che invece Antonella Miccoli già aveva colto in pieno attraverso le sue finestre dell’anima costituite da una non comune capacità di cogliere e saper esprimere i colori della poesia. Una virtù che caratterizza chi è artista e lo sollecita a dar vita a intense e mutevoli immagini che a dirla con Castrovilli ( nella silloge La mappa dei sogni ) esprimono “ Non l’ansia / che nasce furente | dai risvolti del quotidiano | né il crepuscolo crescente | che disorienta le rondini | e dirada i fanciulli | nei villaggi ma sono le mutevoli immagini \ dei sogni | che intessono trame| mutando la nostra storia|. Ed è così che si delineano in poesie ed in dipinti anche i sentieri dell’anima. Sempre Castrovilli ci parla di questi sentieri in una sua delicatissima poesia (silloge sentieri dell’anima pag.23 ) in cui li delinea simili a “Fondi sabbiosi, \ flussi di ombre e luci\ trepidanti foglie verdi \ si distendono su di lei\ solitaria ninfa dell’eterno\ E fra gli antri dell’inconscio “ ognuno di noi attraverso di essi “ cerca le chiavi dei sogni\ raccoglie e seleziona ricordi\ salda il visibile all’invisibile\ nell’interrotto cammino\ per i sentieri dell’essere\ senza divieti,\ senza confini! “ E così la storia continua (pag 50 silloge La mappa dei sogni ) “Tra albe e tramonti\ inseguendo mire e desideri\ e i sogni risultano impossibili\ da realizzare. E la storia continua\ ora è infelicità, ora è incanto\ora è forma indefinita\ di passata\ di presente càbala\ Così’ la vita appare\ un alfabeto consunto\ dal tempo\ e balsamo è solo\ l’umana illusione\ disorientata dai sensi\ e da altre passioni”-Nelle delicate trine del microcosmo dell’io di un poeta e di una pittrice attenti alle basse ed alte maree dell’anima si rispecchia dunque un macrocosmo che ha i brividi e le alte e basse maree delle illusioni, delle certezze, delle speranze,delle attese, del rimpianto, dei ricordi, delle disillusioni e quindi della condivisione cosmica delle emozioni purissime e di portata universale e come tale capace di riecheggiare un’armonia polifonica gradita al nostro cuore.


                                                                                                                      Teresa Gentile