lunedì 15 febbraio 2016

LIBERARE LE PROPRIE EMOZIONI

L’uomo contemporaneo è in continua ricerca di sensazioni roboanti e sempre più intese, simili a una esplosione emozionale: il suo fine è quello di essere profondamente emozionato in ogni azione quotidiana. Egli ricerca le emozioni soprattutto perché sembrano validi mezzi psichici per essere se stesso. Per la realizzazione personale, chiavi per dare accesso a una vita ricca, autentica, pienamente umana.
 Questo comportamento di manifesta apertura dipende dal fatto che l’essere umano,a differenza di un tempo lontano, non ha più paura delle emozioni. Lui ha imparato a riconoscere, gestire e lasciarle esprimere non solo le buone ma anche le più cattive. Ha compreso che bisogna ascoltare le proprie emozioni, accettarle e accogliere favorevolmente i loro suggerimenti senza pregiudizi.
 Se, quindi, per l’uomo della nostra società attuale il fine ultimo è quello di essere continuamente emozionato; dal punto di vista morale lui sostiene la tesi che ognuno di noi deve liberare le proprie emozioni, con il risultato che i rapporti affettivi si disgregano, il rigore e l’ordine lasciano spazio al caos e all’eccelso emotivo, sostengono alcuni studiosi. Per cui, secondo il loro punto di vista alcuni risultati di questa impostazione sono sotto gli occhi di tutti sul piano della affettività e della vita sentimentale dei soggetti contemporanei: legami di vari tipo fragili, storie sentimentali instabili, i rapporti tra parenti evanescenti e così via.
 Ma il bisogno di sentire le vibrazioni emotive prevale sulla necessità di tenerle nascoste. Lo scopo dell’uomo contemporaneo non è quello di liberarsi dalle emozioni, ma liberarle dai secolari lacci e laccioli pregiudizievoli.
 Nell’epoca postmoderna, infatti, il progetto individualista messo in atto non aspira più a svincolarsi dalla libertà dei costumi, a conquistare libertà pubbliche, ma ottenere il diritto di manifestare il proprio stato sentimentale. Ciò risulta evidente sul piano sociale, poiché insieme ai tempi sono cambiati anche i costumi e le idee. Se in tempi remoti la società esercitava una sorta di censura per le emozioni in genere, adesso l’uomo dei nostri giorni pretende l’esatto contrario. In entrambi i casi con qualche forzatura, naturalmente.
  La richiesta di liberazione si può interpretare, secondo alcuni studiosi, come un’insurrezione contro un ordine plurisecolare. L’emozione non è qualcosa che bisogna temere, l’alterazione del respiro, il rossore, i sudori freddi, i brividi, i tremori vanno al contrario ricercati e coltivati, proclamando che non bisogna aver timore né nascondere le proprie emozioni, l’uomo attuale rompe un tabù vissuto per cinque secoli nella cultura occidentale.
  Ma la liberazione non avviene a tutte le emozioni. Sembra, infatti, che la liberazione sia selettiva. L’uomo predilige certe emozioni e su altre si riserva o proibisce l’uso, ristabilendo così  di fatto usurate norme di comportamento. Per cui nelle relazioni professionali bisogna mostrarsi simpatici, rilassati, brillanti, informati. In pubblico non è ammesso mostrarsi tristi o malinconici; anche la collera va tenuta sotto controllo.
 Per una simile selezione non esiste un modello universale. Ora  per dare un  seguito a quanto su detto, introduco in sintesi una distinzione tra due tipi di emozioni.  Secondo il pensiero del filosofo francese Michel Lacroix ci sono due polarità ben differenziate nella vita emotiva. La prima  rappresenta le<<Emozioni-shock>>,  la seconda le <<Emozioni-conteplative . Le emozioni-shock ricercano sensazioni forti. L’uomo ha bisogno di perdere o ridurre la lucidità della mente da attività isteriforme, di sbalordire da idee inedite e potenti. La sua vita è fatta di azione, di movimento. Le emozioni- contemplative sono, invece,  sentimenti  talmente pacati, che sembrano ben lontani dalle nostre quotidiane abitudini. Siamo ancora capaci di vibrare per cose semplici e naturali? Un tramonto, un quadro, una poesia non ci lasciano spesso indifferenti?
 Indubbiamente l’uomo contemporaneo per sentirsi vivo ha bisogno di esperienze sfrenate, di avventure estreme, di musica frenetica, di atti violenti, di velocità, che sono tutti  gli ingredienti della nostra vita emozionale stravolta, insomma da emozioni-shock.
  Tuttavia, l’emozione contemplativa non è destinata a scomparire, in quanto si metabolizza nell’interiorità e se l’esperienza è stata positiva, rinascerà ad ogni evocazione, come un ricordo durevole.
 Liberiamo e riabilitiamo le nostre emozione, dunque, senza paure o censure, perché la loro  corretta conoscenza può darci energie e slancio psicofisico, contribuire al conseguimento del bene morale umano e, soprattutto, alla conoscenza del fatto che la loro soppressione danneggia seriamente la nostra salute mentale.
                                                                                                 E.C.  



martedì 2 febbraio 2016

LA DIMENSIONE CREATIVA

La scrittura creativa non è un genere letterario nato nel secolo scorso, ma risale almeno a mille anni prima di Cristo e precisamente con la pubblicazione dell’Iliade e dell’Odissea di Omero. Per cui quando parliamo di scrittura creativa entriamo in un campo affascinante, misterioso, ricco di voci più rappresentative nel vastissimo panorama dell’arte, perché  per scrittura creativa oggi s’intende un genere di scrittura che va al di là della scrittura professionale, accademica, tecnica e giornalistica, include romanzi, racconti, poesie, poemetti in particolare anche musica.
 Ma, quali facoltà creative deve possedere un umano per andare oltre la “siepe” dello scibile per approdare sul terreno fertile dove vegeta il seme letterario?
 Una precisa risposta al quesito la diede E.Kant nell’estetica  parlando del genio che è il dono naturale che dà la regola all’arte. Nel secolo scorso lo scrittore russo Vladimir Nabokov, autore del fortunato romanzo <<Lolita>>, nel suo saggio “Lezioni di letteratura” dice che ;<<Uno scrittore privo di talento non può evolvere uno stile letterario di qualche merito. Non credo che si possa insegnare a scrivere a chi non possiede talento letterario>>.
 Per diventare, infatti, scrittori, poeti, drammaturghi e via dicendo non esistono istituzioni, scuole o maestri che istruiscono formalmente all’arte della narrativa o della poesia. Né ci sarà mai nessuno, neanche un illustre accademico che possa dire a un aspirante scrittore: la tua preparazione è a un buon punto; ora ti devi impegnare per andare oltre. Lo scrittore è un navigatore solitario, un autodidatta. Si forma a casa, per strada, in viaggio senza incoraggiamenti o sollecitazioni. Con ciò non si vuole affermare che la sua carriera artistica debba essere causale o spontanea, né tanto meno che sia innata. Circola, infatti, tra le persone di vario ceto l’idea che per essere scrittori, poeti, drammaturghi, musicisti, basta affidarsi al proprio istinto.
 La storia letteraria, invece, insegna che si diventa narratori, poeti, musicisti con lo studio assiduo dei classici di tutti i tempi e con la pratica. La narrativa e la poesia sono la massima espressione dell’arte. Come tale sono piene di regole, di vincoli, di segreti che vanno conosciuti e compresi.
 Un laboratorio di scrittura creativa, quindi, deve  insegnare ai discendi alcune nozioni di tecnica e il modo corretto di organizzarsi in musica o in strutture narrative. Un componimento poetico o narrativo è arte, appunto, è una creazione di un ordine regolato. Poi, far scoprire e amare la propria lingua, e amare significa studio, dedizione, fedeltà, curiosità. Oltre al comporre, va data particolare attenzione alla lettura di autori antichi e moderni di romanzi, poesie e anche di saggi e all’ascolto di brani scelti.
 Un obiettivo ambito da un laboratorio di scrittura creativa che guarda, senza velleitarismi, né accademismi o erudizione, alla scrittura poetica e narrativa non è certamente di insegnare ai discendi a diventare novelli Leopardi o dei provetti Dostoevskji, ma di aiutarli a sviluppare la loro dimensione creativa, perché, come sostengono eminenti studiosi addetti ai lavori, essa predispone favorevolmente al dialogo.
E ciò è possibile da realizzare perché la creatività è una facoltà insita in ogni persona e, se stimolata con adeguati mezzi psicopedagogici, porta a superare paure ancestrali, a rendere meno drammatici i conflitti intra ed extrapersonali, a stimolare il senso critico, ad esprimere sentimenti ed emozioni.

Inoltre, è bene ricordare che la dimensione creativa è presente dove un adulto, un adolescente o un bambino usa parole, strumenti, rielabora ma soprattutto che sogna ad occhi aperti.