lunedì 21 gennaio 2019

RECENSIONE


IL TEMPO DELLA GIOVENTU'
IL '68 E DINTORNI
 Leggendo il libro "Il Tempo della gioventù – il '68 e dintorni" con occhio genitoriale, ci si può rendere conto come le aspirazioni del protagonista (Carlo), siano le aspettative di tanti genitori nel vedere i propri figli alla ricerca affannosa di un sogno da inseguire e, si spera, da realizzare. Così come Carlo, sia dapprima pervaso da un senso di ansia e di paura per la sua scelta di voler cambiare la propria vita, così anche i ragazzi, oggi, si smarriscono nell'andirivieni dei pensieri che offuscano le proprie menti, in un continuo tumulto interiore all'inseguimento del proprio futuro.
 Ed è proprio in questa fase di progettazione del proprio avvenire che, al tempo d'oggi, ai nostri ragazzi manca un faro che li guidi in un porto sicuro: vuoi perché la distanza tra la generazione genitori-figli sia aumentata, vuoi perché la scuola, sin dai primi anni di educazione scolastica, si propone sempre meno come maestra guida del valore della cultura, ancorché intimorita da genitori apprensivi  che colpevolizzano gli  insegnanti per gli insuccessi dei propri figli.
 Qualunque sia la scelta presa dai giovani, è doveroso e giusto che la rieseguiscano, senza mai spegnere i loro entusiasmi, anche se questo comporterà loro dei sacrifici, difatti anche nel romanzo, il professore che segue Carlo nei suoi studi, lo invita a non rinunciare a lottare, anzi "...ti esorto a credere e a sperare in un domani migliore, perché i sogni sono garantiti a tutti e anche a chi non possiede nulla ha il diritto d'accedervi". Certamente il protagonista del romanzo, Carlo, si trova a perseguire la propria vocazione in un determinato periodo storico italiano, il '68, funestato da una profonda crisi morale-sociale e politica, dove i primi a essere travolti sono stati proprio gli studenti.
 Oggi i ragazzi sono investiti da una repentina e continua evoluzione tecnologica che li avvolge e molto spesso li ipnotizza davanti a questo o quel social in un susseguirsi di condivisioni, di link e like, dove l'accenno ad una semplice conversazione passa dal  succedersi dei movimenti dei polpastrelli sullo schermo di uno smartphone all'inanellamento di quattro-cinque frasi aggrovigliate. Il futuro professore di lettere nel romanzo è attore di una crescita emotiva (l'ansia, la paura, la morte, l'amicizia, l'amore, le delusioni) e culturale (il sacrificio per il cambiamento), " Carlo aveva studiato per sconfiggere la propria e l'altrui ignoranza. Aveva studiato per rendersi utile ai suoi simili in tutti i sensi".
  Il libro sembra essere un'esortazione alla gioventù, un incitamento a viverla anche nel complesso delle problematiche che si possono palesare, imparando ad essere se stessi, d'altronde, scrive l'autore, "Il corso della giornata per i giovani cambia spesso, salta sempre qualcosa d'inaspettato, ma nessuno se ne preoccupa eccessivamente; ecco perché il tempo della gioventù è tanto interessante".

Giovanni Basile

domenica 20 gennaio 2019

PRESENTAZIONE ROMANZO

Presentazione del romanzo IL TEMPO DELLA GIOVENTU' il '68 e DINTORNI a cura dell'Associazione Culturale SOLIDEA (1 utopia) con:
                                                 
                                                    Prof. ENRICO CASTROVILLI
                                                               L'AUTORE

                                                   Prof.ssa CLARA  BIANCO
                                                 DIRIGENTE SCOLASTICO  IISS di BRINDISI

                                                   Prof. DOMENICO URGESI
                                                   PRESIDENTE SOCIETÀ' STORICA DI TERRA D'OTRANTO
                                                 

                                                    Dott. GIOVANNI GALEONE
                                                     VICEPRESIDENTE ASSOCIAZIONE " G.DI VITTORIO"

SABATO 26 GENNAIO 2019 ORE 18,30.

presso ASSOCIAZIONE "G.DI VITTORIO" VIA CASTELLO  MESAGNE
                                                                                              

mercoledì 2 gennaio 2019

LA RABBIA E' UN'EMOZIONE PRIMITIVA




La rabbia è una emozione caratteristica, considerata vitale da tutti gli studiosi di psicologia.  Essa è una tra le emozioni più precoci ed essendo una emozione primitiva, può essere osservata già dai bambini molto piccoli. Capita spesso infatti osservare bebè che rifiutano il cibo o non hanno l’attenzione particolare da parte della madre e manifestano questo comportamento urlando o tirando oggetti.  Questo comportamento rammenta il fatto che la rabbia è una emozione allocata nel nostro DNA, difatti appare sin dai primi giorni di vita. Si tratta, dunque, di emozione primitiva, di base, che è determinata dall’istinto di difendersi per sopravvivere.
 A questa reazione emotiva si riferiscono diverse voci, quali: collera, esasperazione, furore ed ira che rappresentano lo stato acuto della rabbia; altre, invece, manifestano la medesima emozione ma di virulenza minore, come: irritazione, fastidio, impazienza.
 Nella vita quotidiana vi sono persone tranquille che difficilmente si arrabbiano, altre al contrario, sono sempre sul piede di guerra. La rabbia deriva da esperienze di frustrazione dei tentativi di raggiungere un obiettivo, da azioni ostili o situazioni disturbanti: i bambini a volte si arrabbiamo con i divieti, con le cose e con gli adulti.       Moltissimi sono i motivi che portano le persone ad arrabbiarsi. D’altronde sappiano che la rabbia come tutte le emozioni non è mai giusta, o sbagliata: se è presente bisogna prenderne atto, comprenderla e gestirla alla meglio. La persona che riesce a far tacere la rabbia, non sempre ne ottiene salute psichica, perché essa rappresenta un segnale di grande interesse: che qualche individuo o qualche oggetto sta mortificando la nostra personalità.
  Inibire le espressioni d’ira si può andare incontro a disturbi psicopatologici: problemi psicosomatici come mal di schiena, l’emicrania, disturbi gastrici, psoriasi possono colpire gli individui più concilianti. Coloro i quali riescono ad esternare la rabbia, dopo il breve  sfogo liberatorio, vanno incontro a intricati disagi relazionali. In particolare se a provocare l’emozione sono i conflitti con i parenti, partner e colleghi di lavoro; normalmente, più energico è il rapporto affettivo, più furiosa è la risposta aggressiva che si aizza nello scontro. 
 Reprimendo la rabbia non fa certamente bene, esploderla in momenti opportuni non anche. Tirare fuori ciò che dentro bolle non è poi così drammatico, come alcuni  paventano,  soprattutto ricercatrici,  ma in ogni caso normalmente è inutile, non  chiarisce il problema, ma lo continua nel tempo e, in realtà,  si è portati poi ad arrabbiarsi  daccapo e ancora, per la causa originale.
 È basilare, quindi, per la nostra salute psicofisica , conoscere e apprendere ad esprimere la collera in maniera costruttiva ed adeguata.
 Spesso, però, alla rabbia a prima vista non ci si  oppone; tuttavia non è certo ciò che realmente accade; la mancata reazione può essere dipesa dal negato contatto emotivo con l’emozione rabbia, quindi entra in gioco l’alessitimia, ossia l’imperizia di avvertire sul piano emotivo le emozioni, le quali vanno di fatto a finire direttamente sul corpo fino a somatizzarle;  arriva così  accusare, come abbiano già detto innanzi, dolori addominali o di testa privi di cause organiche apparenti, sino a giungere a vere e proprie patologie.  
 A volte l’emozione rabbia può essere negata  inconsapevolmente e l’individuo è in grado, per  esempio, di collocare in atto aspetti o comportamenti sostitutivi e/o di copertura dell’emozione, diciamo quindi di compulsioni ( pensieri o comportamenti) e rituali.
 Genericamente però può accadere il contrario; lo smisurato sfogo delle proprie emozioni e il mancato controllo della rabbia può provocare risultati negativi a se stessi e agli altri. Pigliare tutto come un’aggressione personale, sentirsi messo in discussione solo per una scortesia di un impiegato o feriti per la negligenza di un collega è l’inizio del viaggio che percorriamo ogni qualvolta che si attiva il meccanismo rabbia.