giovedì 5 gennaio 2017

DISGUSTO UN'EMOZIONE ADATTIVA

Secondo le ricerche scientifiche di vari autori, il disgusto è un’emozione innata e basilare. È compresa tra le emozioni di base, presenti in tutti gli essere umani e animali.  Essa  risponde negativamente al cibo considerato dannoso per la salute fisica e/o psichica e/o per l’anima dell' individuo.
 Si comincia a provare disgusto sin da neonati e inizialmente è strettamente legato al rifiuto di sapori e odori che non si gradiscono; col passare del tempo, inoltre, questo disgusto alimentare – tramite la nostra cultura -  può acquisire un significato psicologico più ampio legato all’ambiente, a valori, pensieri, persone, fra cui, in alcuni casi specifici, anche se stessi, che possono essere ritenuti più o meno ripugnanti.
 Di solito cibi che al palato vengono percepiti come amari ( ricordano sostanze velenose) o acide ( cibi deteriorati) causano disgusto. Invece al tatto, causano disgusto oggetti viscidi, flaccidi poiché senza difficoltà vengono associati  a qualcosa di putrido, di stantio o di ciò che ha un cattivo odore.
 In linea di massima, si avverte sensazione di disgusto anche per tutte le secrezioni corporee, fatta la dovuta eccezione per le lacrime.
 In ogni caso vi sono differenze soggettive anche in quello che viene compreso come disgustoso. Per esempio, alcune persone usano mangiare vari pesci crudi, altri decisamente no. Vi sono persone che hanno l’abitudine di bere il caffè amaro, altre invece non riuscirebbero nemmeno ad ingoiarlo. Ciò accade in parte a  predisposizioni genetiche e biologiche, e in parte alla consuetudine a certi tipi ti alimenti e alle usanze familiari.
 I ricercatori sostengono che mentre il disgusto legato a uno sgradevole sapore è innato( già dai primi mesi di vita il bambino respinge e sputa un alimento amaro o acido ( per esempio il limone), il disgusto associato a un certo tipo di persona, di ambienti, di ideologie, di atteggiamenti, di mode eccetera, si accresce con la cultura e ambiente di appartenenza, soltanto in età successive.
 Seguendo quest’analisi, rileviamo che l’azione di disgusto istantaneo, che non segue il normale rito dell’assaggio ma che si mostra come reazione istintiva al semplice sguardo di un particolare cibo, sembra svilupparsi intorno ai 3 anni di età, quando il bambino apprende le attività giornaliere di igiene personale e l’impiego del Wc, e anche le basilari conoscenze delle patologie organiche.
  Qual è la sua funzione?
 Il disgusto svolge una importante ed esatta funzione: la difesa a livello personale e sociale dell’individuo, per mezzo della spinta comportamentale di allontanamento ( che si rivela con lo sputo quando si tratta di sostanze ingerite) o di affermazioni  decise di declinare la proposta – nooo!! -, allo scopo di eludere che la persona/sostanza entri in contatto con noi e ci contamini.
 Scansare  quanto è più possibile il contagio con le sostanze malefiche non significa solo salvaguardarsi dalla tossicità di una sostanza e pertanto dalle patologie o morte, ma anche protezione da alcuni particolari che si riferiscono strettamente ai fatti personali, cioè per quanto è possibile eludere di essere contagiati da persone che crediamo vergognosi per dei loro comportamenti fuori della norma del buon vivere civile.
 Inoltre gli studiosi hanno rilevato che nella popolazione vi sono persone in modo specifico sensibili al disgusto. Soggetti, questi, che hanno una paura eccessiva di venire contaminati, perché per essi la contaminazione è percepita come un fatto terribile, uno stato patologico da cui difficilmente ci si può liberare: si rimarrà per sempre sudici e bollati.
 Dal punto di vista psicopatologico, questa eccessiva sensibilità al disgusto sembra essere uno dei componenti che apportano allo stato del “ disturbo ossessivo compulsivo”, che può rivelarsi, per l’individuo colpito, con ripetitive azioni di lavaggio – per esempio con amuchina  delle mani -, della pulizia e ordine degli oggetti del proprio ambiente, come tentativi di rassicurarsi circa il timore che possa per propria responsabilità accadere qualcosa di negativo per sé o altri.