sabato 15 luglio 2017

LA PAURA UN'EMOZIONE POSITIVA

La paura è una emozione primaria molto diffusa presenta in noi sin dalla nascita e forse anche prima. Essa ci segnala la presenza di un pericolo, dannoso o potenzialmente dannoso, ed è indispensabile e  pregiata nella storia evolutiva dell’uomo nel mantenere invita i nostri antenati.
 Questa sua innata presenza è un indice della sua rilevanza. La paura è infatti un complesso adattivo che regola il rapporto tra l’ambiente e l’organismo avvantaggiando la sopravvivenza di quest’ultimo.
 Le emozioni sono la reazione dell’individuo alla percezione di un impulso esterno. La paura in particolare si mette in azione quando i sensi avvertono uno stimolo nocivo per l’organismo, in breve quando avverte una minaccia. Alla paura segue uno stato di attivazione neurofisiologica che consente all'individuo di rispondere allo stimolo iniziale attraverso  modalità diverso di risposta: attacco, evitamento/fuga o nella meno buona delle ipotesi con un blocco.
 Tuttavia, la paura non rappresenta solo una risposta meccanica e istintiva a un pericolo, anzi essa rappresenta una modalità complessa messa in atto dagli individui per relazionarsi all'ambiente ed esplorarlo, contemplandone i rischi. Ugualmente a qualsiasi altra esperienza emotiva, essa non è semplicemente un modo di sentire, ma un vero e proprio sistema, costituito da più componenti e fasi, il cui funzionamento accade lungo una linea temporale di azione ben precisa.
 La paura ha quindi una componente neurofisiologica con sintomi;  una componete  cognitiva, ossia la paura dipende da una sere di eventi e una componente emotiva.
 La paura si manifesta in modi diversi, se è specifica si manifesta con una fobia, se è generalizzata si manifesta sotto forma funzionale.
 Il confine tra paura e fobia sta nella funzione adattiva della risposta, quando cioè  l’istinto emotivo scatta in modo inappropriato ( cioè senza che sia presente una reale minaccia) allora si trasforma in un meccanismo patologico, la fobia, appunto.
 Secondo la psicologia  vi sono paure innate che ci accomunano come appartenenti alla stessa specie e invece paure la cui natura e appresa.
 Le paure innate sono innescate da diversi  fattori quali: stimoli fisici, eventi o persone sconosciute, da stimoli dolorosi che in futuro impariamo a evitare  così come accade per le situazioni che mettono a rischio la nostra incolumità ( freddo, buio, altezza,  abbandono, certi animali (ragni, serpenti) e così via). Le paure apprese sono quelle che non sono a diretto contatto con la sopravvivenza dell’individuo o della specie e la cui natura e variegata e indefinibile
 Sicuramente la paura ha una funzione positiva, così come il dolore fisico, di segnalare uno stato di emergenza o di allarme, preparando la mente e il corpo alla reazione che si manifesta come comportamento di attacco o di fuga. Inoltre, in tutte le specie studiate  l’espressione della paura svolge la funzione di avvertire gli altri membri del gruppo circa la presenza di un pericolo e quindi richiede un aiuto e soccorso. La paura, quindi non è solo una reazione individuale, ma anche una veste sociale.
 Dal punto di vista biologico – evoluzionista sia il vissuto soggettivo, attraverso i processi di memoria e di apprendimento, sia le manifestazioni comportamentali, indifferentemente fuga, paralisi o attacco, che le modificazioni psicofisiologiche tendono verso la conservazione  e la sopravvivenza dell’individuo e della specie. Ovviamente, se la paura viene estremizzata e resa eccessivamente intensa, diventa quindi ansia, fobia o manico, perde la funzione fondamentale e si converte in sintomo psicopatologico.
 Si può trasformare la paura?
 Come abbiamo detto innanzi, la paura possiede uno specifico valore funzionale, finalizzato alla sopravvivenza dell’individuo. Va da sé che gli interventi curativi contro la paura si rivolgono solo in quei casi in cui essa rappresenta uno stato patologico, come ad esempio attacchi di panico o di ansia di fronte a uno stimolo assolutamente non pericoloso.
 In questi casi con l’aiuto di un percorso psicoterapico è possibile trasformarli in uno spazio protetto in cui, ogni individuo con i propri tempi, può costruire o rinforzare quegli aspetti fragili, vulnerabili di sé, aspetti che non sono ancora pronti a relazionarsi e confrontarsi con il mondo. In questo modo la paura diventa un potenziale strumento di crescita e d’evoluzione per ogni individuo che intende mettersi in gioco e trasformare aspetti disarmonici di sé

lunedì 3 luglio 2017

IL PERDONO UN SENTIMENTO POSITIVO

Perdono è un termine che nella sua eccezione letteraria significa: remissione di una colpa e del relativo castigo, Il Nuovo Zingarelli. È, quindi, una rinuncia, un’agevolazione che si offre a colui il quale compie ciò che non avrebbe dovuto compiere.
  Da quanto appena detto si può comprendere come il perdono è un modo di procedere che include la consapevolezza della vittima di aver subito una vessazione tuttavia si preferisce volontariamente di passare oltre la punizione e di mettersi in un atteggiamento diverso.
 La capacità di perdonare insita in ciascuno di noi nel corso dell’esistenza si modifica e non rimane stabile negli anni. Secondo alcuni ricercatori una persona è motivata a perdonare a seconda di un momento particolare dalla vita: il perdono è possibile quando la vittima è risarcita del danno subito; il perdono è possibile per la presenza di regole morali, religiose e sociali che condizionano la persona; il perdono è utile perché concede di vivere in armonia nel contesto sociale.
 Quando si tratta di capacità di perdonare non si mette in atto rapporto solamente a quel comportamento di compassione e benevolenza che la vittima di sopraffazione  sceglie liberamente di riservare al trasgressore, ma concerne anche il comportamento che una persona può avere verso se stesso nel caso che sia responsabile di un atto nocivo verso altri soggetti. Bisogna distinguere infatti il perdono in rapporto alla sorgente della violazione: si può essere vittime di un’offesa e quindi in questa circostanza il perdono sarà diretto verso terzi, ma si può essere i responsabili di un’offesa e sentirsi colpevoli del proprio comportamento, in questa circostanza il perdono deve essere rivolto a se stessi.
 Sembra giusto aggiungere che chi commette un danno per altre persone è un soggetto con emozioni e sentimenti, e molte volte ci si può diventare responsabili  di causare dolore ad altri senza alcuna intenzione. In questo caso particolare il trasgressore si può sentire in colpa per il suo operato maldestro e non perdonarsi di aver procurato sofferenza psichica. L’insufficienza di perdonare se stessi per aver compiuto una grave violazione si collega a sentimenti molto penosi di colpa, rammarico, vergogna e disagio invece nel danneggiato che patisce un’ingiustizia le emozioni consuete sono rabbia e avversione.
 Negli ultimi decenni la psicologia si è interessata al perdono in particolare quando alcuni ricercatori rilevarono una stretta relazione tra perdono e benessere psichico. Saper perdonare, quindi, può rappresentare un mezzo per favorire il benessere psicologico, limitando il vortice di emozioni negative che si intromettono quando patiscono un torto, ovvero riducendo la rimuginazione, il rancore, la rabbia e tutte quelle emozioni negative che non soccorrono positivamente una vessazione subita ma al contrario ne danneggiano ancora di più la salute psicofisica.
Sappiamo che, secondo la visione cognitiva ed emotiva, il sentimento del perdono può accadere soltanto dopo che è stato messo a tacere la rabbia, il  desiderio di vendetta o di punizione della persona che ha subito l’oltraggio. L’atto del perdono è solo l’ultimo segno che interessa questo lungo e articolato processo di preparazione di un fatto avverso avvenuto.
 Come già detto, l’abilità di perdonare al di là di esibire benefici sulla prosperità psicologica, pare avere conseguenze positive pure sulla salute fisica. Differenti ricerche hanno infatti documentato come provare per diverso tempo emozioni negative quali rabbia, ostilità, risentimento accresce l’efficacia di disturbi cardiovascolari.
 Il modalità, dunque, in cui il perdono potrebbe favorire la salute psicofisica è inerente alla diminuzione di rabbia e ostilità incoraggiando emozioni positive quali benevolenza, compassione e amore