lunedì 18 dicembre 2017

IL RITORNO RACCOLTA POSTUMA DI NINO PINTO

Ho ricevuto in dono il libro del defunto scrittore salentino Nino Pinto, una raccolta di agili versi, portati alla luce dal prefatore con l’intento di “familiarizzare con un canto di singolare suggestione e intensità” pagg.9,10. 
 Noto al grande pubblico di Prato (Firenze), città d’adozione dove aveva trascorso la maggior parte della sua esistenza come insegnate prima e poi lessicografico, Nino Pinto nato a Lecce nel 1928 e morto nella sua città natale il 6 aprile 2016, allievo del linguista Bruno Migliorini e con cui si  laureò nel 63 a Firenze, è  autore di 19 raccolte di poesie e della sua ultima fatica letteraria dal titolo Il RITORNO, recuperata dalla sensibilità letteraria di Andrea Scardicchio e pubblicata da Genesi Editrice, 2017, pag. 224
 Arricchito da una ottima Premessa dell’Editore e dalla dotta Prefazione del Professore Andrea Scardicchio il libro si apprezza per l’originalità, la schiettezza d’animo e  la diversa tonalità delle emozioni, che sono le ali su cui l’arte si abbandona.
Ed è proprio il potere testimoniale della sincerità d’animo e dei toni emotivi aperti, senza ombre dei suoi più intimi pensieri, a esprimersi nelle parole scelte per descrivere una zampillante fonte interiore, che concede poco o nulla alla distrazione di un io alle prese con i giochi del quotidiano o con le ideologie del mondo. Ma al contrario, il lavoro di scavo diventa una sorta di analizzatore-costruttore d’immagini illuminate di contenuti concreti su uno sfondo di dignità e a volte di minuta serenità.
 Al di là di questa breve nota introduttiva, IL RITORNO è davvero un libro interessante non soltanto per la qualità intrinseca dell’opera, ma anche in virtù della coerenza della visone poetica che ne ha contraddistinto l’ultimo tessuto biografico dell’autore.
Ricco di questa tensione interna, Pinto spinge il linguaggio a concretizzare e a rendere manifesto tutto ciò che il cuore può dire. Aprirsi al mondo esterno significa, soprattutto per l’autore, riconoscere di portare alla luce, di comunicare la naturalezza dell’emozioni, di fare dei propri versi una forma di messaggio e di dare un senso alla propria esistenza.
 Entrare, quindi, in questo microcosmo così ordinatamente costruito e pieno di luci e di ombre e dare un senso alle possibili aperture bisogna certamente essere in consonanza con la voce interiore dell’autore. Non solo. Per cogliere e rendere  fluidi e visibili le sue intenzioni occorre percorrere  con pacata attenzione quelli che appaiono i punti più importanti nel libro e le possibili chiavi di lettura.
  Innanzitutto la scoperta di nuovi paesaggi dell’anima, più veri. Di conseguenza la poesia acquista nuovi valori in cui troviamo sentimenti ed emozioni di varia intensità emotiva. Leggiamo alcuni esempi:
“È sospiro
  d’anima
  il ritorno.”.
E di seguito:
Strazia l’anima
 la lontananza”,
ancora;
S’insedia
nell’anima
la pena
del distacco”  .
Per Nino Pinto la poesia dell’anima, pacata e silenziosa ma ferma, più che il grido afono di una coscienza provocatrice è testimonianza del profondo malessere psichico dell’artista. 
Seguendo questa interpretazione, rileviamo che le emozioni sorgono ininterrottamente come in un monologo, di verso in verso, con un ritmo serrato, con una voce cristallina e dolce che invita a riflettere sulla desolante realtà offerta all’occhio vigile dell’essere pensante. È il caso della gioia, emozione fragile, che si riversa come un fiume nel mare:
“È gioia
che si comunica
il ritorno”.
 Continuando la lettura
“È  la gioia tanto più viva
 Che segue a un lungo dolore
E ancora.
“È circonfusa
di poesia
la gioia
del ritorno”.
Infine:
Sarà l’indicibile gioia
 di muoversi senza catene”.
A seguire:
Sono passi di gioia
   passi
che si avvicinano”.
 A questo punto, per aggiungere qualcosa  alle prime considerazioni, possiamo dire che la gioia è una emozione lieve che ci invita vivamente a meditare con attenzione  sul mistero che avvolge  la sfera globale  di tutte le esperienze di un essere umano  e, nel contempo, anche sulla sua  capacità di resistere alle intemperie generate dalle tribolazioni, dalle paure, dai dolori della vita, nonostante la sua fragilità.
Da quanto detto possiamo affermare che Pinto appartiene alla grande schiera dei poeti che credono nella poesia come mezzo di comunicazione delle emozioni
nelle forme varie della vita vissuta dell’ambiente umano in cui operano.
 Leggiamo qualche esempio. Per comunicare un disagio esistenziale:
 “È sempre
in cammino
l’ansia
del ritorno”.

“È l’ansia
del ritorno
che non si fida”,

 o attimi di serenità:

“Dà nuovo
slancio
la fiducia”,

oppure la persona sofferente:

“Felicità
 che ha l’impatto
 d’un dolore”.
 La varietà tonale delle emozioni di queste poesie è veicolata da un io poetico in un flusso interrotto di sensazioni, piano e limpido.
  Quest’ultima raccolta di poesie postume, dunque, testimonia la vocazione di Nino Pinto a descrivere attraverso le parole sensazioni profonde, stati d’animo, disagi esistenziali tramite una tastiera linguistica e compositiva costantemente tenuta sotto il controllo di un io  sobrio e rigoroso, di asciutta e serena capacità meditativa.


                                                                           Enrico Castrovilli

venerdì 1 dicembre 2017

IL DUBBIO TRA NORMALITÀ' E PATOLOGIA

Secondo gli psicologi nella società contemporanea vi sono forme di dubbio patologico piuttosto comuni ( le prenderemo in considerazione di seguito); per altri studiosi, invece, il dubitare è abbastanza legittimo. Anzi, aggiungono, è basilare, constatato che è proprio sul bagaglio culturale del dubbio si è inserita la tradizione filosofica e scientifica dell’occidente. E il Cogito ergo sum di cartesiana memoria ne è il testimone indiscusso. E concludono dicendo che chi non fa domande, non giunge mai ad alcuna scoperta. Oltre al dubbio rimangano solamente il fanatismo, il dogma, la massima.
 Certamente, un dubbio è di questa natura proprio perché non vi è nessuna certezza, perciò in nessun caso il dubbio deve recare una condanna, difatti persino la nostra tradizione giuridica si fonda sulla presunta innocenza.
 In breve, un dubbio è un dubbio, e come tale può restare indefinitamente. È legittimo, anzi sano averne e non implicare alcuna presa di posizione. Senza schierarsi, non esiste contrapposizione e dunque non ha senso nessuno scontro. Tra i dubbiosi ci può essere confronto sincero, fecondo e aperto, proprio perché nessuno ama restare tra color che son sospesi. I processi naturali mirano in modo naturale a una risoluzione. Come un macigno che rotola giù dal  colle, e prima o poi si arresta, così il dubbioso ama cercare di capire, perché vuole risolvere e trovare sollievo rispetto all’ansia dell’incertezza.
 Gli psicologi, invece, sostengono che  la predisposizione dell’essere umano a trovare una spiegazione razionale a ogni problema, anche a domande da tralasciare per la loro assurdità , può diventare una insidia molto pericolosa.
 Cercare, infatti, di dare una risposta logica a un dubbio è come spalancare l’uscio, andare oltre l’ingresso, per poi trovarsi di fronte ad altre due porte con il bisogno di sceglierne una, di conseguenza aprirla, superarne la soglia, per trovarne di fronte altre tre, poi cinque, poi sette e così via.
 Accade ciò in quanto ogni risposta razionale a un dubbio, che non può essere districato razionalmente, nascono senza sosta altre domande la cui risposta genera altrettanti punti interrogativi, incrementando un circolo vizioso infinito. Logico esito: arresto totale dell’individuo nella sua vita quotidiana.
 Un dubbio spesso frequente negli adolescenti, ad esempio, è quello riguardante l’inclinazione alla sfera sessuale:<<Sono etero, omo o bisessuale?>>.  È chiaro che la risposta a questo dubbio è insita nelle sensazioni avvertite di fronte ad uno dello stesso sesso o di fronte ad una donna e non tanto nelle argomentazioni.
 Va da sé che cercare di far chiarezza sulle proprie naturali tendenze sessuali proietta oscure ombre e alimenta i dubbi. Si tratta di un circolo vizioso tra pensieri e sensazioni che complica il problema invece di risolverlo.
 Il soggetto, cascato nel suo stesso tranello, è di solito portato a cercare ulteriori prove sul proprio genere sessuale, persino a mettere in pratica veri e propri esperimenti per verificare l’effetto su di sé, producendo ulteriori incertezze e confusioni, nella maggioranza dei casi accompagnate da “sensazioni di colpa o di disagi”., (G. Nardone, G. De Santis, Cogito Ergo soffro, Ponte alle Grazie, 2011).
 Un altro esempio di un sofferto cammino dell’individuo succube del dubbio, è in rapporto con la volontà e l’impegno di respingere razionalmente pensieri insinuatisi arbitrariamente che inquietano la tranquillità mentale. In questa circostanza la lotta è tra il pensiero  e il pensare: cioè, tramite il pensare ragionevolmente si tenta di invalidare un pensiero illogico o semplicemente fuori luogo.
 Per concludere possiamo dire che il dubbio è normale, anzi possiamo aggiungere che può essere considerato un elemento sano, saggio, proprio perché indicatore di persona matura, che sa riflettere su quello che le sta accadendo, che sta facendo e si interroga sua quale sia il gesto, l’aspetto e/o la risposta più adeguata.
 Il fatto importante è come sempre l’equilibrio: il dubbio “sano” spinge a riflettere e a trovare una soluzione soddisfacente.