Da quando è finalmente terminata la netta distinzione
dei ruoli che separava i produttori di carta stampata dai consumatori, diversi
autori – tra i quali chi scrive – si sono chiesti perché oggi è sempre così
difficile leggere o scrivere romanzi. Se questo è il problema, credo che
bisogna restituire dignità e circolarità in modo salubre al leggere e allo
scrivere. E nel particolare chiarire le incertezze e lo stesso desiderio di
successo.
Alcuni interventi di eminenti critici mettono in evidenza in chiare lettere qual è la finalità principale della ricerca: nell’attuale periodo storico contrassegnata dalla ”Egemonia del Romanzo” l’attività primaria del leggere e scrivere perde di significato, entrambe diventano feticci imbalsamati. Dopo aver dissipato il ricco patrimonio, restano solo due attività: dipendenti e speculari: la produzione di trame e il loro commercio. Gli scrittori, nell’ambiente privo di vitalità e parzialmente controllato dall’arroganza della fiction, mettono in scena i loro deboli personaggi, con più o meno destrezza. Ai lettori, dal lato opposto, non restano che illusori vantaggi di accertare l’identità e il desiderio, ripetitivo e privo di acutezza mentale, di cogliere il finale. Ma quale funzione svolge la critica? Non tutti sono d’accordo nel definire la produzione del critico come un semplice esercizio letterario senza alcuna finalità. Indubbiamente la maggior parte si limita a una colonna di un quotidiano cercando di riassumere più che di evidenziare problemi di natura tecnica, altri iscritti a libro paga di grandi editrici ne seguono pedissequamente i dettami , i restanti cercano e/o parlano di grande romanzo, anche se non hanno la più pallida idea di dove la letteratura stia andando.
Di fronte a questo spettacolo desolante di una letteratura ridotta a fanalino di coda del modo creativo, fare previsioni sulle prospettive delle forme espressive del futuro non è proprio un compito al momento risolvibile.
Intanto, bisogna dare una risposta alla evidente usura del romanzo, mettendo da parte polemiche moderniste e avanguardistiche contro la trama e i personaggi.
A questo punto, ritengo personalmente utile utilizzare la scrittura psicologica per far uscire l’io dai rigidi schemi della trama del romanzo – spesso soggetto sacrificale del suo stesso riciclo – che, tramutandosi in ego, in voce narrante, in protagonista attivo, colga le stille della realtà e le posizioni nelle sue storie.
E.
C.
Alcuni interventi di eminenti critici mettono in evidenza in chiare lettere qual è la finalità principale della ricerca: nell’attuale periodo storico contrassegnata dalla ”Egemonia del Romanzo” l’attività primaria del leggere e scrivere perde di significato, entrambe diventano feticci imbalsamati. Dopo aver dissipato il ricco patrimonio, restano solo due attività: dipendenti e speculari: la produzione di trame e il loro commercio. Gli scrittori, nell’ambiente privo di vitalità e parzialmente controllato dall’arroganza della fiction, mettono in scena i loro deboli personaggi, con più o meno destrezza. Ai lettori, dal lato opposto, non restano che illusori vantaggi di accertare l’identità e il desiderio, ripetitivo e privo di acutezza mentale, di cogliere il finale. Ma quale funzione svolge la critica? Non tutti sono d’accordo nel definire la produzione del critico come un semplice esercizio letterario senza alcuna finalità. Indubbiamente la maggior parte si limita a una colonna di un quotidiano cercando di riassumere più che di evidenziare problemi di natura tecnica, altri iscritti a libro paga di grandi editrici ne seguono pedissequamente i dettami , i restanti cercano e/o parlano di grande romanzo, anche se non hanno la più pallida idea di dove la letteratura stia andando.
Di fronte a questo spettacolo desolante di una letteratura ridotta a fanalino di coda del modo creativo, fare previsioni sulle prospettive delle forme espressive del futuro non è proprio un compito al momento risolvibile.
Intanto, bisogna dare una risposta alla evidente usura del romanzo, mettendo da parte polemiche moderniste e avanguardistiche contro la trama e i personaggi.
A questo punto, ritengo personalmente utile utilizzare la scrittura psicologica per far uscire l’io dai rigidi schemi della trama del romanzo – spesso soggetto sacrificale del suo stesso riciclo – che, tramutandosi in ego, in voce narrante, in protagonista attivo, colga le stille della realtà e le posizioni nelle sue storie.
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