giovedì 18 dicembre 2014

RACCONTI SOTTO L'ALBERO

                                                         LA FUGA 
In quel pomeriggio di fine dicembre, tutta la gente sembrava che si fosse riversata nelle strade della città alla ricerca dei regali natalizi da comprare e da mettere sotto l’albero. La neve superava i dieci centimetri e le persone si muovevano goffamente, come tanti soldatini del tiro a segno. Agli incroci stradali gli ingorghi delle macchine superavano quelli dei giorni precedenti, sicché il fracasso dei clacson era assordante.
 Viviana se ne andava lentamente; fissava con i suoi occhi verde-mare le vetrine dei negozi addobbate, dove fasci di luci colorate si sovrapponevano dando luogo a un intrigante e misterioso gioco di ombre.
 In questo ambiente fantasmagorico gli abiti, le scarpe e altri mille oggetti diventavano ora verdi, ora gialli, ora rossi, ora…Era uno spettacolo bello a vedere, ma Viviana era indifferente, aveva altro per la testa. Proprio la mattina di quel giorno si era allontanata da casa perché stanca di ascoltare i soliti rimbrotti dei genitori. Papà e mamma la consideravano una ragazza immatura.
 Ma Viviana a giugno scorso aveva compiuto quindi anni e, a suo dire, era già tempo di non seguire più alla lettera i piccoli-grandi rimbrotti quotidiani dei genitori. Ciò che le dava più fastidio era l’imposizione di un certo modello di vita: frequenta le lezioni della danza classica, indossa quel vestito, comportanti come una donna, non frequentare certe compagnie, non ti ritirare tardi, fai i compiti, a tavola alle…uffa!.. uffaaa!!, non la finivano mai. Non li sopportava più. Così decise di fuggire, di andare lontano.
 Si era fermata un attimo a specchiarsi in una vetrina per controllare se i lunghi capelli neri, i pantaloni larghi di jeans, il suo giaccone a pois e il foulard attorcigliato al collo alla maniera della cantante Alice fossero in ordine, quando si avvicinò una ragazza, più o meno della stessa età, chiedendole qualche moneta.
<<Mi piacerebbe sapere a cosa ti serve questa richiesta di denaro>> le chiese, con un tono di voce poco conciliante.
<<Veramente>> esitò la ragazza <<non so da dove incominciare. La mia è una  lunga storia di miseria, di povertà>>.
<< Miseria, povertà, mi vuoi prendere in giro? Forse i soldi ti servono per acquistare d..>> s’interruppe.
<<Osservami, ho forse l’aspetto di una ragazza in cerca di piaceri? Credimi, non è facile spiegare i motivi che costrinsero la nostra famiglia a vivere alla periferia della città, in una baracca costruita alla meglio con assi di legno, lamiere e cartoni pubblicitari. Mio padre partì in cerca di lavoro e non è più ritornato, la mamma  è invalida,  nessuno ci aiuta, a volte qualche indumento o pasto alla mensa della Caritas, ma siamo in tanti a mangiare e vestirci.>>.
 La ragazza sembrava infreddolita e stanca, e Viviana non volle assillarla con altre domande. La guardò con uno sguardo penetrante. Le sembrò gracile e bisognevole di aiuto, tanto bisognevole che la sua immagine era l’esatto contrario delle strade addobbate e  accoglienti e delle persone in giro  con aria divertita a comprare regali.
 La mendicante abbassò lo sguardo e attese un segno d’affetto. Allora Viviana le prese la mano e la strinse tra le sue. La ragazza alzò gli occhi e gli sguardi si incrociarono in una zona illuminata.
  <<Ho pochi spiccioli in tasca, ma cosa posso fare per te?>> domandò Viviana. Seguì una breve pausa.
<<Qualcosa potresti fare>> rispose la mendicante, coprendosi i capelli che si erano irrigiditi per l’aria pungente. <<andare insieme a casa tua a prendere vestiario e cibo da  portare ai mie fratelli>>.
 Viviana ammutolì, non pensava certo di ritornare così presto dai suoi genitori. Ispirò a lungo gonfiando il petto, come per un tuffo in piscina; che buffa situazione si era creata. Poi, pensò che forse questa spiacevole storia di miseria poteva in qualche modo collegarsi alla sua scappatella  dalla casa paterna. Insomma, la richiesta della mendicante poteva essere una buona ragione per dimenticare tutto il passato. Sì, era una ragione sufficiente per fare ritorno a casa.
 <<Andiamo>> disse, con voce che non lasciava dubbi  sul significato che lei voleva dare alla parola.
 Quella sera, terminata la cena, Viviana chiese per la prima volta il permesso di alzarsi da tavola per andare a letto. Si sentiva stanca per il lungo girovagare in cerca di ritrovare la pace interiore. Si addormentò col pensiero rivolto alla mendicante, alle strade addobbate, alle persone con le borse colme di regali, al tepore della sua casa, all’affetto dei genitori e fece un sogno misterioso di fughe e di magici ritorni, che non riuscì mai a raccontare.
                                                                                               E. C.

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