Secondo
gli studi del neuro scienziato Prof. Richard Davidson, autore del saggio”La vita
emotiva del cervello”, lo stile emozionale è un modo più o meno stabile che plasma la nostra vita e il modo in cui noi
rispondiamo alle diverse sollecitudini quotidiane dell’ambiente che ci circonda.
E come tale meccanismo mentale, si differenzia dagli stati emotivi che sono
reazioni fugaci innescati da una esperienza (positiva o negativa) e dalla
durata di secondi, e da stati d’animo emozionali, sentimenti che persistono per
alcune ore o addirittura per mesi.
Questo profilo emozionale, o stile emotivo
prevede sei dimensioni ed ognuna di esse ha delle caratteristiche neuronali ben
precise e identificabili:
- Resilienza o capacità di
recuperare, rappresenta la capacità di ripresa dagli stress emotivi. È una
caratteristica della personalità che si rileva di fondamentale importanza per
affrontare eventi traumatici particolarmente difficili della vita (problemi
gravi d salute, , situazioni di lutto, perdita di lavoro, conflitti e così
via):
- Prospettiva è quella dimensione che misura la capacità di
mantenere nel tempo le emozioni positive;
- Intuito sociale, è l’abilità a cogliere
i segnali sociali inviati dalle persone che vivono nello stesso ambiente.
-Autoconsapevolezza, s’intende la
capacità di percepire le sensazioni fisiche che riflettono le nostre emozioni.
- Sensibilità al contesto, misura la
capacità di modularle reazioni emotive tenendo conto dell’ambiente in cui ci
troviamo.
- Attenzione, intensità e chiarezza con cui siamo in grado
di focalizzare un certo oggetto.
Pur prendendo origine da aree del cervello ben
identificabili, secondo l’esperto, lo stile emotivo non è un meccanismo
neuronale fisso e immutabile. Attraverso, infatti, particolari e specifici e
esercizi è possibile modificare nel tempo la personale reazione emotiva a una
determinata situazione in cui ci troviamo. Inoltre, continua il professore, con la meditazione si può raggiungere un più
ampio sviluppo della consapevolezza dei segnali sociale e <<una maggiore
capacità di recupero>> dei propri sentimenti e delle sensazioni corporee.
Ciò è reso possibile dalla <<neuroplasticità del cervello>>.
Attualmente, secondo Matthieu Ricard, le
neuroscienze considerano sempre più la capacità del cervello di evolversi in
funzione delle esperienze vissute, attraverso la definizione di nuove
connessioni esistenti o con la produzione di nuovi neuroni.
La professione del musicista, in cui si lavora
sul proprio strumento tutti i giorni per anni, è uno dei migliori esempi di
neuroplasticità.
La risonanza magnetica ha evidenziato, per
esempio, che in un violinista le regioni del cervello che controllano i
movimenti della mano con cui esegue la
diteggiatura si sviluppano in parallelo all’abilità che acquisisce con il suo
strumento.
Anche le ricerche effettuate sui giocatori di
scacchi e gli atleti olimpici hanno
messo in luce profonde trasformazioni delle capacità cognitive dovute alle loro
pratiche sportive.
In base a questa mappa multidimensionale si
possono delineare le diverse dimensioni dello stile emotivo, che caratterizza
ognuno di noi. Avremo, quindi, un tipo di persona che reagisce velocemente a
uno stimolo emozionale e ad altre cose, altre con una reazione violenta, e ce
n’è un’altra ancora che reagisce molto prolungato nel tempo.
Per quanto riguarda il rapporto relazionale
tra i diversi tipi di stili emozionali, i dati scientifici sono pochi e
variegati. Ci sono esempi di persone con stili simili che si accoppiano e di
altre persone – nella maggior parte - con stili emozionali opposti che si
completano.
Prima
di concludere è importante aggiungere che uno stile emotivo non è migliore
dell’altro. Tuttavia, sembra che alcuni stili emozionali possano rendere la
nostra vita più difficile, in modo particolare quando la capacità di recupero
di fronte alla difficoltà è molto bassa. In presenza di una continua difficoltà
quotidiana, la persona può rendersi conto di realizzare uno stile emotivo non
adeguato a quel particolare disagio e, quindi, modificarlo, grazie alla
capacità neuro plastica del nostro
cervello.
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