martedì 4 ottobre 2016

EMOZIONI E MEMORIA

Le emozioni sono da sempre campo di interesse privilegiato per filosofi e poeti e solo in questi ultimi anni, - grazie alle neuroscienze e alla psicologia -  si è osservato invece una inversione di tendenza che ha influenzato molti aspetti del nostro modo  di vivere e di pensare.
 Le emozioni sono così diventate un argomento stabile di discussione nelle associazioni culturali, sui quotidiani, nelle riviste e nei programmi televisivi di maggior successo; d’altra parte la pubblicità, che è stata sempre indirizzata a sollecitare la componente emotiva del cliente, ma in modo implicito, se non proprio occulto, fa ormai riferimento in modo esplicito alle emozioni.
 Enorme  risonanza ha in seguito avuto il termine di “intelligenze emotiva”, con ripercussioni anche pratiche nella vita e l’organizzazione scolastica e lavorativa.
 In interventi precedenti abbiamo già visto che cosa è una emozione e come  è possibile indagarla, ora qui resta di conoscere e di analizzare il meccanismo dei processi di memorizzazione delle emozioni.
 È noto il fatto che i nostri ricordi sono costituiti da un insieme di nozioni che comprendono anche le emozioni. Queste, a loro volta, riproducono moltissimi pensieri che in gran parte condizioneranno il nostro modo di pensare e di prendere qualsiasi decisione.
  I ricordi però possono anche svanire mentre le emozioni, positive e negative che siano restano. Sì, ma dove? E come si stabilizzano?
 Tutto ciò è stato verificato con uno studio, pubblicato nell’agosto 2010 sulla prestigiosa rivista internazionale <<Science>>, da due ricercatori dell’Istituto Nazionale di Neuroscienza di Torino, Sacchetti B. e Sacco T,  i quali hanno messo in evidenza come alcune aree del nostro cervello evocano alla memoria le emozioni congiunte a un avvenimento importante del passato.
 Questo tipo di “memoria emotiva” sarebbe serbata nella corteccia sensoriale di ordine superiore, che di fatto è connessa alle aree del nostro cervello che sviluppano gli stimoli sensoriali e le emozioni.
 Di conseguenza, un particolare stimolo sensoriale, come appunto un boato proveniente dalla strada o un profumo dolciastro o una certa luce ardente, non soltanto ripristina il ricordo di un’esperienza passata, ma anche il vissuto emotivo che l’ha affiancata.
 Pertanto, i ricordi corredati di densità emotiva hanno la tendenza a permanere nel tempo, a volte anche per tutta l’esistenza, e influire sulle nostre  scelte, decisioni e comportamenti.
 Lo scopo “ultimo” di questa ricerca è quello di portare a trovare nuovi modi per sviluppare esperienze dolorose legate a disturbi post-traumatici da stress o le fobie, e per separarsi da tale vissuto emotivo, Sacchetti però punta l’attenzione sui possibili risultati di scarsa deontologia, col modificare il ricordo di una vittima di reato che deve dare testimonianza su quanto le è accaduto o persino  la possibilità di smarrire importati memorie storiche come l’Olocausto.
 A questo punto possiamo concludere dicendo che  le recenti scoperte delle neuroscienze hanno messo in luce l’importanza che assumono le emozioni nella vita quotidiana, non separate dal pensiero e dal ragionamento, come si è sempre creduto, ma indispensabili agli stessi processi decisionali della mente razionale. Si instaura una collaborazione tra processi cognitivi ed emotivi e nel processo della memoria le emozioni assumono una grande importanza.
 La memoria emotiva, infatti, ci pervade della sensazione che abbiamo provato in passato prima, o anche senza che il ricordo dell’immagine giunga alla coscienza.







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