Le
emozioni sono da sempre campo di interesse privilegiato per filosofi e poeti e
solo in questi ultimi anni, - grazie alle neuroscienze e alla psicologia - si è osservato invece una inversione di
tendenza che ha influenzato molti aspetti del nostro modo di vivere e di pensare.
Le emozioni sono così diventate un argomento
stabile di discussione nelle associazioni culturali, sui quotidiani, nelle
riviste e nei programmi televisivi di maggior successo; d’altra parte la
pubblicità, che è stata sempre indirizzata a sollecitare la componente emotiva
del cliente, ma in modo implicito, se non proprio occulto, fa ormai riferimento
in modo esplicito alle emozioni.
Enorme
risonanza ha in seguito avuto il termine di “intelligenze emotiva”, con ripercussioni anche pratiche nella vita
e l’organizzazione scolastica e lavorativa.
In interventi precedenti abbiamo già visto che
cosa è una emozione e come è possibile
indagarla, ora qui resta di conoscere e di analizzare il meccanismo dei
processi di memorizzazione delle emozioni.
È noto il fatto che i nostri ricordi sono
costituiti da un insieme di nozioni che comprendono anche le emozioni. Queste,
a loro volta, riproducono moltissimi pensieri che in gran parte condizioneranno
il nostro modo di pensare e di prendere qualsiasi decisione.
I ricordi però possono anche svanire mentre
le emozioni, positive e negative che siano restano. Sì, ma dove? E come si
stabilizzano?
Tutto ciò è stato verificato con uno studio,
pubblicato nell’agosto 2010 sulla prestigiosa rivista internazionale
<<Science>>, da due ricercatori dell’Istituto Nazionale di
Neuroscienza di Torino, Sacchetti B. e Sacco T, i quali hanno messo in evidenza come alcune
aree del nostro cervello evocano alla memoria le emozioni congiunte a un
avvenimento importante del passato.
Questo tipo di “memoria emotiva” sarebbe serbata nella corteccia sensoriale di
ordine superiore, che di fatto è connessa alle aree del nostro cervello che
sviluppano gli stimoli sensoriali e le emozioni.
Di conseguenza, un particolare stimolo sensoriale,
come appunto un boato proveniente dalla strada o un profumo dolciastro o una
certa luce ardente, non soltanto ripristina il ricordo di un’esperienza
passata, ma anche il vissuto emotivo che l’ha affiancata.
Pertanto, i ricordi corredati di densità
emotiva hanno la tendenza a permanere nel tempo, a volte anche per tutta
l’esistenza, e influire sulle nostre
scelte, decisioni e comportamenti.
Lo scopo “ultimo” di questa ricerca è quello
di portare a trovare nuovi modi per sviluppare esperienze dolorose legate a
disturbi post-traumatici da stress o le fobie, e per separarsi da tale vissuto
emotivo, Sacchetti però punta l’attenzione sui possibili risultati di scarsa
deontologia, col modificare il ricordo di una vittima di reato che deve dare
testimonianza su quanto le è accaduto o persino la possibilità di smarrire importati memorie
storiche come l’Olocausto.
A questo punto possiamo concludere dicendo
che le recenti scoperte delle
neuroscienze hanno messo in luce l’importanza che assumono le emozioni nella
vita quotidiana, non separate dal pensiero e dal ragionamento, come si è sempre
creduto, ma indispensabili agli stessi processi decisionali della mente
razionale. Si instaura una collaborazione tra processi cognitivi ed emotivi e
nel processo della memoria le emozioni assumono una grande importanza.
La memoria emotiva, infatti, ci pervade della
sensazione che abbiamo provato in passato prima, o anche senza che il ricordo
dell’immagine giunga alla coscienza.
Nessun commento:
Posta un commento