Nell'attuale società, la ricerca della felicità è avvertita come un bisogno totale e
personale, oppressi come siamo dalla nostra impotenza dinanzi alle
imprevedibili catastrofi naturali, dall'angoscia di uno sterminio atomico, o
dal timore di una totale distruzione del mondo culturale e civile che con
sacrifici abbiamo edificato e dal ritorno alla barbarie attraverso uno dei
tanti ricorsi storici.
Per questo motivo, la domanda comune è se
l’umano possa conseguire la felicità e soprattutto come questa condizione
psichica sia stato concepita dai vari studiosi: alcuni hanno evidenziato la
componente emozionale, come il provare buon umore, altri sottolineano l’aspetto
cognitivo, come ritenersi soddisfatti della propria vita. Certe volte la
felicità è rappresentata come soddisfazione, contentezza, appagamento, certe
volte come gioia, piacere, divertimento, e altre ancora
come uno stato naturale del
cervello che si genera in modo spontaneo se si agisce nel modo giusto.
Oggi, però, la felicità per molte persone è
associata al concetto di benessere e a volte, a uno stato di benessere
materiale. I ricercatori invece non accettano questa valutazione che non è
quella di riconoscere l’aspetto educante come un cammino verso una sorte
favorevole con l’obiettivo di ricchezza, ma un cammino della crescita evolutiva
dell’umano verso uno stato di totalità, dove la felicità riconquista la sua
dimensione di umano come tale.
Come abbiamo appena detto, la felicità
percepita come benessere è un modello molto seguito attualmente. In questi
ultimi decenni, gli studiosi hanno favorito teorie e dibattiti in vari settori,
dalla sanità all'economia alle scienze sociali, di cui le scienze
dell’educazioni fanno parte.
Nel contempo alcuni studi di psicologi
definiscono la felicità come uno stato autonomo dagli eventi esterni, ma
dipendente invece da come esse vengono interpretati, in quanto originano dall'attitudine delle persone verso gli
interessi materiali e/o immateriali.
Secondo le ricerche di altri psicologi,
esistono diversi aspetti che contraddistinguono le persone felici da quelle che
non lo sono. Questi aspetti sono le basi, atteggiamenti e pensieri, che una
persona può apprendere per essere favorevole alla felicità.
Si parla di una specie di addestramento fatto
di conoscenze e comportamenti che se attuati possono portare alla ricercata
felicità. Sono idee che possono produrre un sostanziale cambiamento nel
comportamento, favorendo un mutamento nelle convinzioni di un soggetto.
Prendiamo ora in visione alcuni punti per
illustrare il metodo per diventare felici.
Per prima cosa, dicono i ricercatori, la
persona, che si conserva giornalmente più dinamica, ha la possibilità di rendere migliore il
livello di benessere psicofisico. Impegnare le energie in operosità
coinvolgenti, accattivanti e piacevoli rende soddisfatti e di esito più felici.
Va da sé che l’impegno speso, quando risulta
produttivo, provoca soddisfazioni, ma perché abbia un concreto esito positivo
su se stessi deve essere teso ad attività ritenute ricche di significato, come
un tipo di lavoro appagante.
Importante è di non dedicare tempo alle ansie
quotidiane, rimugini, si ha meno tempo per essere felici. La felicità di una
persona aumenta allorché si riducono i pensieri negativi, infatti le persone
felici si preoccupano di meno della maggior parte della gente.
Per essere realmente felici è certamente utile
impegnare le proprie energie sulle attività presenti, dando importanza ad ogni
giorno e godendo delle opportunità quotidiane.
Infine, eliminare i sentimenti e i problemi
negativi e dare invece valore alla felicità.
Insomma, se si rimane irretiti in pensieri
negativi che si crede siano la possibile soluzione al problema, ma che al
contrario portano ad allontanarsi dalla realtà, non ci si concede la
possibilità di affrontare i fallimenti e viverli per quello che sono, senza
generalizzare mai quello che accade ma legare gli eventi alla situazione. Solo
in questo caso si possono valutare le proprie risorse, rimettersi in gioco puntare
diritto all'obiettivo: essere felici.
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