La paura di essere
abbandonati è un’esperienza abbastanza comune tra le persone, ovvero il timore
di rimanere soli, per sempre privi di un legame affettivo, senza che nessuno si
occupi di loro. Ciascuno di noi, infatti, può avvertire il timore di essere
abbandonato, ma in linea generale la maggior parte ci convive senza alcuna
conseguenza specifica.
Alle volte questa paura non è correttamente
amministrata e di conseguenza si tramuta in vera e propria sindrome tramite l’espressione
di un disagio psichico fino all’angoscia più nera o alla depressione.
Questa emozione può colpire sia i bambini (in
modo particolare verso la figura materna), sia gli adulti. Si ha paura che la
persona cara possa andare via o addirittura morire e si rimane sempre della
certezza che nonostante il tutto proceda bene prima o poi si finirà soli. Ci si
avverte uno stato emotivo dipendente dall’altra persona e non si ammettono le
separazioni, anche di breve durata, per la paura di non avere più la relazione
di intimità.
Predisposizione naturale o famiglie in cui
lutti o veri abbandoni sono stati trascurati o peggio ignorati, questi elementi
possono causare nei componenti la sindrome che procura una disposizione
patologica di cui non si riesce più a controllarla.
Nella persona adulta che patisce di sindrome
dell’abbandono è come se dominasse un pezzo bambino che necessita di cure. Quel
bambino triste costituisce la parte infantile che è stata trascurata
emotivamente. Non ci si rende conto che le cure verso quel bambino trascurato
possono essere offerte dall’adulta che è diventata.
Da tale fragilità interiore si palesano tutta
una serie di comportamenti nocivi che mirano ad esorcizzare l’abbandono da
parte dell’altro: gelosia morbosa, controllo esagerato, ricatti morali,
annullamento di sé e la perdita di imparzialità nei riguardi della relazione.
Tutti indicatori che se non sono tenuti adeguatamente a bada vanno inevitabilmente a concludersi in una
dipendenza affettiva con tutte le conseguenze che molto bene conosciamo.
Per poter superare un abbandono occorre il
tempo solamente se impariamo ad utilizzarlo: serve per apprendere la radice del
dolore, serve per capire come mai viviamo un allontanamento come un abbandono,
serve per comprendere che inutili sensi di colpa ci allontanano solo dal cuore
del problema, serve a prendere coscienza delle proprie responsabilità, che non
significa necessariamente colpe. Il tempo serve a superare l’abbandono quando
quello spazio temporale a nostra disposizione impariamo ad attraversarlo,
quando apprendiamo a contattare il tempo in cui si è verificato quello
specifico abbandono remoto che ci impedisce di svolgere le nostre attività
quotidiane e i nostri rapporti sociali in modo sereno, quando impariamo a
vivere i nostri rapporti interpersonali senza caricarli del fardello dei nostri
fantasmi.
Certamente l’abbandono è un’emozione che si
può superare, tuttavia non esiste un unico metodo per metterlo in atto,
pertanto non facciamoci incantare da patetici video o da moltissime ricette che
ci narrano con voce suadente il modo con cui guarire le ferite. Per poter
superare un eventuale abbandono ognuno di noi deve poter trovare il metodo di
guarire la propria ferita. Che scotta terribilmente. Ma a bruciare non è la
perdita attuale della persona amata o di un lavoro, ma il dolore remoto che
quello attuale ha soltanto risvegliato.
Superare l’abbandono è possibile,
realizzabile, bisogna trovare la forza dentro di sé per mettersi in
discussione, per andare a cercare un modello diverso di affrontare le avversità
della vita. Per cui, percepiamo la rabbia, la tristezza o la gelosia quando
arrivano, senza forzarci di mandarle via, solo così verranno messe in campo
nuove energie psichiche per trovare le soluzioni più giuste per noi.
In questo modo, scopriremo che mentre si
chiude una porta, si aprono nuove possibilità, ad esempio, si ripropone un
incarico di lavoro che aspettavamo da tempo o arriva una certa telefonata
inaspettata che apre nuovi orizzonti, interessi
o modi di essere.
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