domenica 22 novembre 2015

LE EMOZIONI PIU' SEGRETE

 nell’opera “Passaggio in ombra” 
di Maria Teresa Di Lasci
Sappiamo bene di fare un’operazione psicologica di scavo e di rilievo nei labirinti profondi della coscienza, apprestandoci ad analizzare l’unico romanzo completo, ricco di emozioni, di sentimenti e stile, Passaggio in ombra  Premio Strega 1955,di Maria Teresa Di Lascia(Rocchetta Sant’Antonio 1954 – Roma 1994), un’operazione priva di manipolazioni ideologiche in una sostanza così strettamente personale e dolorosa che viene evocata in superficie per cercare di pacificarsi.
   Ripercorrendo a brevi linee la biobibliografia della grande scrittrice pugliese diciamo che spese la maggiore parte della sua breve esistenza – si spense a soli quarant’anni per un tumore – impegnata, dopo una parentesi di studi di medicina, sul campo irto di tante difficoltà dei diritti umani e civili all’interno del Partito Radicale prima come vice segretario e poi come deputato, al punto da fondare la Lega Internazionale <<Nessuno tocchi Caino>> per l’abolizione della pena capitale nel mondo e di promuovere  la campagna <<Io digiuno>> a favore delle vittime dalla ex Jugoslavia.
   Nel 1988 possiamo collocare il suo esordio letterario, anno in cui scrisse ma non pubblicò il romanzo “La coda della lucertola” e la prima stesura del romanzo Passaggio in ombra che verrà pubblicato da Feltrinelli quattro anni dopo, e nel 1955 aveva iniziato a scrivere un nuovo romanzo, “Le relazioni sentimentali” rimasto incompiuto. A queste prove di narrativa, seguirono la pubblicazione di quattro racconti, con uno dei quali, Compleanno, vinse il Premio Millelire.
   Ambientato in un luogo geograficamente definito e individuato, un paesino della Puglia del dopo il secondo conflitto mondiale, il romanzo, Passaggio in ombra, è fatto di due parti: “L’audacia”e “Il silenzio”. Nella prima parte del romanzo chiaramente realistico di antica memoria impreziosito da descrizioni psicologiche di ambienti umani e naturali, si racconta, dal punto di vista della bambina protagonista, Chiara, la storia del padre che non ha ancora regolarizzato la sua posizione e della giovane molto amata  madre nubile, che attenderà invano in chiesa, insieme alla figlia e ai parenti e sotto gli occhi curiosi di tutti gli abitanti del paese, l’arrivo in chiesa dello sposo e padre. Ma lui non viene, si rifiuta di contrarre il matrimonio e anche di esercitare la paternità, più per un condizionata irresponsabilità che per mancanza di affettività. Poi la protagonista racconta la morte della madre, sopravvissuta a questo doloroso affronto e i rapporti con le zie. Nella seconda parte del romanzo di genere introspettivo, Chiara ormai adolescente racconta l’amore impossibile da realizzare per il rapporto di parentela ed esclusivo che giorno dopo giorno nasce in lei, per il cugino illegittimo  -“Bastardo”-. Questo sentimento amoroso puro diventa il tema ossessivo del romanzo. Ma anche il cugino come si era comportato il padre, nel momento della scelta decisiva fuggirà e la lascerà sola.
   Insomma, possiamo concludere questa breve sintesi di un libro, i cui fili della storia complessa e meravigliosa, descritti attraverso il filtro, lungo e lento, della memoria, con il giudizio critico di Ettore Catalano:”la protagonista chiusa in un suo sogno d’amore diviso tra innocenza e tentazione, dà vita a pagine visionarie, certo, ma rette ancora dall’illusione di “dire” e raccontare la storia di un disfacimento, di un asma metaforico attraverso strategie che negano la realtà delle apparenze e disoccultano verità nascoste”, (1).
    Incamminandoci in punta di piedi in questo lungo viaggio sentimentale a ritroso, dove i ricordi dell’autrice, attraverso il personaggio Chiara ci rivelano le sensazioni, i pensieri, le intime emozioni di una bambina ormai diventata donna, il nostro scandaglio analitico sarà profondo e preciso nel tessuto semantico, atto a individuare, selezionare ed evidenziare nel vasto spettro di stati d’animo le tensioni e le angosce che affliggono i personaggi.
   Sin dall’inizio della storia cogliamo nella voce dell’io narrante i pensieri e le emozioni  più intime che sorgono dal profondo in determinati momenti di tensione interna quando l’io avverte l’urgenza di una particolare situazione, carezzevole come nella seguente occasione:”Io ero in braccio a mia madre e, da quel nido amoroso, guardavo il mondo sconosciuto che mi si apriva davanti” mentre con altrettanto immediatezza mette a nudo la sua fedeltà di pensiero:”Certe creature irrisolte, che denunciano fin dall’aspetto il proprio ibrido destino, non ho mai osato smemorarmi di me stessa totalmente: così, dunque, non mi sono liberata delle cose fino a divenire una folle. Prigioniera della mia vita, sono rimasta una creatura di confine”, e ancora confrontandosi con un coraggio di donna matura ed esperta con la verità dolorosa della realtà palpitante che la circonda, senza tanti veli retorici esprime il suo disagio:”Guardavo quel piccolo incendio che mi divampava dentro e piangevo di rabbia e di dolore: come avevo potuto  sbagliarmi tanto su di lui; come avevo essere tanto ingenua da non capire chi era veramente! Ne avevo fatto un dio…invece era un vigliacco, un pavido, un pusillanime!”.                                                        
   Nello scrigno della memoria di Chiara dimoravano diverse figure femminili amate, tra le quali spicca per nitidezza quella di Anita, la madre,  descritta come una coraggiosa e giovanissima “mammana”, che, nonostante i continui abbandoni, continuava ancora ad amare Francesco, il suo  seduttore e padre biologico di Chiara. Per cui dopo tanti anni di assoluto silenzio “Quando lo aveva visto sulla porta di casa, forse con lo stesso cappotto dei loro incontri, aveva sentito un tuffo al cuore e la forza di quella spinta nel sangue l’aveva fatta tremare fino alla radice dei capelli. Si era ripresa subito, perché sapeva dissimulare le emozioni e controllare i sentimenti”; e seguendo la via del cuore, il richiamo primordiale dell’istinto materno, superò tutti di dubbi compreso il suo egoismo,  placò ciò  “che rispuntavano  da un angolo remoto dell’animo e la inquietavano con domande insidiose” ,  per non far crescere la figlia senza padre “Chiara non ti conosce, disse. Deciderà lei se ti vuole per padre”.
   Alle figure dominanti di Chiara e Anita, l’io narrante affianca quella della zia Peppina, una donna descritta con pennellate sapienti di psicologia analitica, tali da rendere evidente, nei suoi elementi essenziali, la sua complessa e intricata personalità. Quindi, tralasciando altre strade che  potrebbero infittire le immagini tratte già dal mondo misterioso della coscienza,  prendiamo  in esame alcuni brani in cui le parole sono veicoli naturali e rivelatori di conoscenze psicologiche acquisite. In un clima misurato e solare cogliamo i frutti di questo lavoro descrittivo:”Mia zia era, a suo modo, una conoscitrice di caratteri. Benché le cose che comprendeva degli altri fossero inutili per definire una personalità o per indirizzare i comportamenti, tuttavia coglieva certi aspetti dei sentimenti e delle passioni che erano nella loro stravaganza, quanto di meno vago possa esistere. “,  e senza il pur minimo turbamento l’io esprime una particolare e profonda osservazione della propria realtà nel rapporto con la zia:”Io vi aderii per opportunismo e per vigliaccheria: nascosta dietro i rumori confusi del suo delirio, riparata dalla distrazione delle sue gesta, ho potuto tessere la trama del mio disfacimento”, ancora, nel procedere del discorso  analitico, non stupisce  la bugia in risposta della nipote  al comportamento furioso della zia Peppina “Alle domande incalzanti e alle grida acute con cui mi assaliva, rispondevo nell’unico modo che, sebbene disperandola placava i suoi furori: avevo avuto un attacco d’ansia”.
   Emozioni fitte e articolate percorrono le azioni dell’io narrante senza mai coprirle con veli retorici o con sentimentalismo ideologico, il risultato sono  esempi raffinati di trovate psicologiche per dare un senso alle proprie sofferenze psichiche, ai pregiudizi morali del proprio ambiente umano.  E quando la balia dice a Chiare che i genitori non sono sposati,”A quel punto, piansi disperata, lanciando grida che furono sentite anche nella piazza”.
   Proseguendo l’argomento emotivo, troviamo modalità e toni diversi per esprimere nuovi comportamenti che rendono credibili le immagini offerte agli occhi dei lettori, e vi riesce soprattutto nei rapporti col padre “Ma io non ero sempre la bambina affettuosa e leale che egli mi credeva…mi piaceva mettere alla prova tutta la sua devozione per me…senza avere nessuna considerazione dei suoi sentimenti, e anzi abusandone” e per dare visibilità alla sua motivazione interiore, nutrita da una strana punta d’orgoglio, dà voce al suo pensiero “Tuttavia conservo, con assoluta attualità, il sentimento appagato del trionfo: un benessere un po’ cannibale che si nutriva della sua apprensione nell’attesa che io tornassi a essere Chiara di papà.”. le vicende giudiziarie del padre richiamano alla coscienza di Chiara nuove emozioni, che acquistano rilevanza particolare in quanto rendono più verde le scene quotidiane di vita familiare “Dopo l’arresto di mio padre, mi accadeva spesso di non pensare a nulla e di restare attonita, come fossi catturata in uno spazio senza uscite dal quale riemergevo solo per un richiamo ostinato di Anita o grazie  a un evento particolarmente rumoroso. Il  mio ritorno alla realtà aveva la lentezza stuporosa che accompagna una lunga malattia…”. Vicina al capezzale della madre morente, Chiara rifiuta le attenzioni affettive paterne; il suono della voce ha modificato le tinte originali; i momenti di massima intensità emotiva rappresentano la dolorosa fine di un amore, forse mai nato “Lo guardai con durezza, senza farmi commuovere, e il rifiuto prese dentro me la sua forma più gretta. No, gli dissi senza parlare. No, non ti perdono!”.
   Ma se anche nel romanzo si possono individuare scene di penosi abbandoni, scene di angoscia esistenziale di particolare intensità, Mariateresa con un tocco di grazia dispiega la voce del cuore, fa vivere in toto la passione amorosa ora esclusiva nella forma emotiva nella relazione tra i due innamorati “”Saverio!” implorai, chiamando il suo caro nome. “Saverio!”. Il pensiero che egli potesse essere scomparso prese forma lentamente, ma fu scacciato dalla veemenza del mio amore. “Impossibile” mi ripetevo, “impossibile. Non può andarsene, come non potrei farlo io! Siamo l’uno dentro l’altra!””, e seguendo la via primordiale dell’istinto, la giovanissima Chiara chiede a gran voce il diritto di amare e di essere amata “In questi occhi vorrei perdermi per sempre, anima mia! Così sussurro, mentre cerco la bocca che intento si è schiusa sui denti che illuminano la notte. Poso le mie labbra sulle sue in un bacio casto come il primo suggimento di un neonato. “Vita mia!” lo imploro, e sento che non vivrò senza di lui”, ancora, con la segreta speranza di poter realizzare il suo sogno, abbandona ogni tipo di riserva e risoluta esprime il suo desiderio”Oh, poterti dire sùbito:”Sono tua!” Poterti dire subito:”Fuggiamo! Non c’è tempo, mettiamo in salvo il nostro amore…”.
   Dietro i buoni propositi che dovrebbero cullare future speranze di felicità, spesso invece si celano inganni, disillusioni e tante espressioni di amarezze che riempiono i vuoti dell’anima. Restano i ricordi? “Forse, mi dico, forse”.
    Maria Teresa Di Lascia, dunque, è una scrittrice riservata, originale che trae dai suoi diversi stati d’animo affascinanti e coinvolgenti motivazioni che, con un lavoro di scavo profondo, analizza e trasmette senza compiacimento o manipolazioni concettuali le proprie ansie, le proprie emozioni e i propri sentimenti più intimi.  
                


NOTA
1)    E. Catalano, Le ragioni di un Convegno in La saggezza della Letteratura,  a cura di Ettore Catalano, Bari, Edizioni G. Laterza, 2005, pag. 23.


    

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