<<Signorina
disdica tutti gli appuntamenti di domani mattina, ritornerò in studio alle diciasette>>
disse con cipiglio Carlo alla segretaria. La giovane donna fu colpita da quel
secco e perentorio ordine. Era molto raro che il suo datore di lavoro desse disposizioni
così precise con quel tono di voce.
<<E
per il fascicolo della causa del s >>
<<Lo metta sulla scrivania>> non le lasciò il tempo di
terminare la frase. La interruppe con
voce ancora più energica, per evitare altre domande.
Carlo mise nella borsa di pelle una cartella gialla, la chiuse, indossò il
soprabito e all'improvviso disse, rompendo
il silenzio:
<<Buona
notte, signorina>>. E si avviò verso l’uscita.
<< Buona notte, avvocato>>, si
limitò a rispondere la segretaria, che era rimasta particolarmente colpita dal
quel comportamento distaccato di Carlo. In fondo, dopo dieci anni di valida
collaborazione, oltre alla stima professionale, tra loro due, era nata anche
una certa complicità confidenziale.
Carlo chiuse la porta alle sue spalle e si
fermò sull'uscio dello studio. Non sapeva più perché aspettavi lì. Camminò per un po’ su e giù davanti alla
porta, poi si decise. Erano le dieci e trenta di sera. Attraversò la strada.
Invece di andare verso il luogo dove aveva
parcheggiato la macchina, imboccò il viale semideserto sotto i platani che
avevano perso le foglie. Nella luce bianca dei lampioni, sempre diritto ,
sembrava corre verso l’infinito. Carlo percorreva il viale dalla parte giusta
senza una meta. La libreria era chiusa. Ma dietro le vetrine fasci di luci sui
libri esposti. Sagome di commesse intorno alla cassa. Ancora una luce di una
gioielleria. Una panchina era semicoperta dalle foglie secche. Poche macchine.
Carlo percorreva quella strada, ma per andare
dove? Camminava in fretta. All'ingresso di un edificio settecentesco si fermò. L’ingresso era illuminato. Dietro
l’ampia vetrina due ragazze con gonne
bianche, camicette blu e cappellino bianco in testa sostavano nella hall vicino al bancone dell’accettazione. Quell’edificio
lo riportò indietro negli anni: era la clinica dove Lia aveva partorito Jacopo, il loro bambino.
Avvertì un senso di vuoto. Fu preso da un attacco di panico. Iniziò a respirare a bocca aperta. Provava una leggera nausea..
Fece dietrofront. Ripercorse in senso inverso
il viale. I suoi passi risuonavano
ancora più forti dell’andata. Attraversò l’incrocio e raggiunse
l’auto. Appena dentro, si sdraiò sul
sedile. Riprese a respirare regolarmente. L’attacco di panico era svanito.
Si avviò di colpo. Poco dopo aprì il
finestrino per respirare aria pura. La nausea persisteva. Non prese la solita
via, ma voltò a sinistra. Si sentì più rilassato quando arrivò in piazza
illuminata a giorno dai lampioni . Alcune persone che tornavano a casa , altre camminavano
serenamente sul marciapiede. Un gruppetto di cani randagi. Macchine
parcheggiate nei pressi dei bar. Un vigile notturno che si accendeva una
sigaretta. Riprese il solito percorso e parcheggiò sulla strada di fronte al
palazzo invece di portare la macchina nel garage. Prese l’ascensore. Raggiunse
il terzo piano. Da sei mesi era rimasto
solo nell’appartamento.
Si sedette sul divano del salotto, accese la
lampadina del treppiedi con il paralume giallo paglierino che si trovava vicino
al divano sulla sua destra. Un fascio di luce bianca illuminò alcune riviste
sul basso tavolino posta al centro del divano. Carlo accavallò le gambe, tirò
fuori dalla borsa la cartella gialla. Lesse il titolo:Udienza preliminare di separazione consensuale e affidamento congiunto
tra i coniugi... Ore 9,30….L’indomani avrebbe incontrato in tribunale dopo
mesi Lia, la sua ex moglie. Lia, Lia, ripeteva mentalmente. Avvertì ancora una
volta il vuoto interno. Il cuore che batteva nella gola. Respirò profondamente per
reprimere un nuovo attacco di panico. Si
sentì meglio. Chiuse gli occhi.
Come
in un incubo, ritornò a vivere quel giorno di novembre. Nell’occorrenza del ponte dell’Immacolata, Lia e Carlo avevamo
organizzato un breve soggiorno a Cortina. Nel tardo pomeriggio prima della
partenza, entrambi i coniugi preparavano
i bagagli a mano nella stanza da letto.
<<Per
domani , a Cortina, il meteo prevede
meno tre la minima e un grado la massima.>> esordì Carlo. Lia non
apparve sorpresa, sembrava intenta nel
suo lavoro.
<<Lia,
hai un’aria assente…mi hai sentito?>>.
Lia non aveva il coraggio di dirgli che nella
sua testa l’aveva già lasciato. Poi
tutto d’un fiato:
<<Non vengo con te a Cortina>>,
rispose con un tono di voce gelido.
Carlo la guardò con sorpresa
<<
Cosa ti succede?>>.
Lia non rispose. Chiamò la filippina, la loro
collaboratrice domestica e le chiese di prendere i bagagli e di seguirla.
Carlo
le andava dietro come un attore, al quale l’ansia aveva tolto la parole in una
scena drammatica. Sentì chiudere la porta dell’appartamento e la discesa dell’ascensore. Poi, ancora incredulo, guidò i
passi verso la finestra. Aprì l’imposta.
Attraverso i vetri la vide entrare in un grossa macchina scura preceduta
da Jacopo e dalla filippina. L’auto si avviò di scatto. Si dileguò tra il
traffico serale.
E. C.
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