Abbiamo appreso, da precedentI ricerche,
che una emozione è un cambiamento
rispetto ad uno stato precedente.
Inoltre essa è un elemento naturale che
colpisce i nostri pensieri, cioè la componente emotiva. Inoltre, le emozioni sono delle reazioni a
specifici timoli che abbiamo percepito, a eventi che in varie occasioni abbiamo vissuto.
Oltre a ciò, l’emozione è un elemento che in
qualche modo ricerchiamo e pur di poterla vivere, siamo disposti ad affrontare
un disagio psichico o qualcosa altra che sia un valido prezzo da pagare, è un
elemento naturale che ci spinge ad agire.
La possibile mancanza di questa consapevolezza
emotiva è sicuramente fonte di rischio per lo sviluppo del disagio psicologico.
Le persone affette da “alessitimia”, termine coniato da Sifneos, hanno una
insufficiente capacità di gestire le proprie emozioni. Tale inefficienza nel
rendere manifeste le proprie emozioni non possono essere considerate come
semplici difficoltà di tipo espressivo ma una vera e propria limitazione nella
reale possibilità di elaborare le emozioni e di costruire un proprio mondo
interno.
Un’ottima consapevolezza emotiva è invece alla
base l’empatia. Essere empatici significa avere la capacità di porsi nella
situazione di un altro, migliora l’adattamento, favorire lo sviluppo di altre
competenze personali. Significa avere la capacità di condividere sentimenti di
un’altra persona in modo qualitativo e non quantitativo, migliorando le
relazioni interpersonali.
L’empatia non si apprende e né si insegna. È una
capacità allocata nel nostro DNA e a volte viene smarrita per disagio emotivo
generato da uno stato ansioso, da inibizione. Sin da primi anni i bambini
dimostrano di possederla, come anche gli animali. Molte esperienze che ottundono
la coscienza possono contribuire a renderla inefficiente. Nel bambino e
soprattutto al neonato la capacità empatica è massima. Egli può percepire gli
stati d’animo della madre, anche senza la mediazione di un canale sensorio
conosciuto.
Sia attraverso vari segnali – odori, mimica o telepatia – il messaggio
in arrivo, per ottenere un valido riconoscimento, deve in qualche misura
riprodurre l’emozione di partenza. In qualche modo il soggetto empatico deve
riprodurre in sé l’emozione dell’altro per poterle dare un nome .
Questo fenomeno avviene molto probabilmente a
livello inconscio. Si suppone che le emozioni altrui arrivino alla coscienza
solo se oltrepassano una certa soglia di intensità e solo se sono disturbate dalla presenza di
altre emozioni. Ecco perché per essere empatici bisogna saper creare
nell’intimo un attimo di silenzio interiore, un attimo di vuoto recettivo, un
attimo di serenità tale che la soglia di percezione della coscienza possa
abbassarsi quel tanto che serve.
L’empatia ci sembra come un momento di equilibrio tra la capacità di
ascolto e di autocontrollo, unito alla consapevolezza di quanto si
esperisce (capacità di distinguere le
proprie dalle altrui emozioni). È la capacità di fidarsi senza remore dei
meccanismi di percezione inconsci, quel tanto per coglier e analizzare.
Passiamo ora ad analizzare brevemente le capacità empatiche.
Premessa indispensabile per poter stabilire un contatto empatico è il
rispetto assoluto e senza remore per la diversità. Soltanto chi sa accettare
l’altra persona è in grado di entrare in sintonia empatica. Soltanto chi sa
sospendere il giudizio o si colloca in una posizione libera da eventuali
pregiudizi può farlo.
La conseguenza è che l’empatia deve rendersi disponibile ad accettare ogni aspetto
di se stessi, di ogni demone che soggiorna nella propria mente. L’empatia per i
sentimenti dell’altra persona molto probabilmente va di pari passo con
l’empatia per il proprio mondo emozionale. Chi si pone con gli atri in una posizione di autorità o difesa
o chiusura molto probabilmente lo fa anche verso le proprie emozioni o alcune
di esse. Pertanto, l’empatia non va d’accordo con la paura per le emozioni, con
le strategie di evitamento o di negazione. L’empatia è incompatibile anche con
la collera. Lo sviluppo dell’empatia è considerato l’antidoto ideale per
controllare questa emozione negativa.
La persona empatica non ha bisogno di
nascondersi dietro facciate e ruoli. Essa sa essere se stessa nel distinguere
qualità e appartenenza delle emozioni percepite. Componenti apertura mentale,
controllo, consapevolezza. Esprimendo senza alcun timore i sentimenti che
prova, definisce un contesto di sincerità e pertanto favorisce anche il
rilassamento e l’autenticità dell’altro. In questo modo crea i presupposti
necessari per il contatto empatico. L’empatia si accompagna dunque
all’autoconsapevolezza, all’autocontrollo, al non attaccamento ai pregiudizi,
all’autenticità e schiettezza con sé e
con le altre persone.
Per rivalutare o sviluppare le naturali capacità
ematiche celato in ogni persona necessita innanzi tutto rimuovere l’ansia e
altri tipi di difesa nei riguardi delle emozioni. Seguendo questo itinerario si possono
individuare due modi per poter sviluppare l’empatia, uno tecnologico l’altro
globale, gestaltico.
La via tecnologica riguarda le varie tecniche
che servono a creare rapporti. È ampiamente dimostrato che le persone
naturalmente empatiche hanno la capacità di entrare in sintonia con gli
atteggiamenti i ritmi e la fisiologia della persona con cui vogliono
empatizzare, cosa che verosimilmente consente loro di creare dentro di sé la
stessa emozione.
Oltre a queste tecniche, tutto ciò che
favorisce il rilassamento, il silenzio interiore, l’ascolto, la consapevolezza,
il superamento delle difese razionali e non, può favorire il recupero delle
capacità empatiche. È questione di allenamento e di sperimentazione.
La
gestaltica fa riferimento alla culture orientali: rilassamento, accettazione,
distacco, svuotamento della mente dai pensieri interferenti e dai pregiudizi;
allenamento alla consapevolezza di energie e sensazioni sottili.
La donna è avvantaggiata in questo cammino
rispetto all’uomo, sia per la peculiarità del suo funzionamento cerebrale, sia
per la naturale inclinazione all’ascolto e alla sensibilità emotiva. L’uomo
trova in genere più interessante l’approccio tecnologico. Non è obbligatorio
fare una scelta di campo: le due vie possono anche integrarsi.
A
questo punto possiamo concludere dicendo che la qualità dell’esistenza di ogni
persona è influenzata dal modo in cui
apprende, fin dai primi anni ad affrontare le proprie emozioni: se prevalgono
reazioni emotive distruttive, queste finiranno per influenzare negativamente il
benessere psicologico.
Le emozioni più frequenti diventano
modalità di risposta abituali.
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