sabato 16 luglio 2016

QUEL MATTINO DI FINE OTTOBRE

Elisa aveva festeggiato il sedicesimo compleanno l’estate scorsa. Aveva invitato le sue amiche e alcuni compagni della terza B del liceo della città e aveva trascorso il pomeriggio con loro divertendosi. All’inizio del nuovo anno scolastico un improvviso malessere interiore le rendeva difficile ad avere rapporti positivi con le sue amiche, aveva chiuso persino la sua pagina su Facebook e spento l’ iPhone, e ciò che la metteva in crisi maggiormente, non riusciva  a realizzare una relazione stabile e soddisfacente sentimentale con un coetaneo, anche se non rifiutava le sue avance sessuali.
 Le settimane passavano e le giornate erano sempre più monotone. Gli stessi gesti, gli stessi discorsi, la stessa profonda tristezza, ogni giorno. Durante quel periodo Elisa preferiva rimanere da sola. Quel sorriso sul volto d’angelo, che rivelava la sua voglia di vivere era stato sostituito da un velo doloroso, melanconico. Faceva difficoltà ad alimentarsi e ad addormentarsi, e quando il sonno  arrivava verso le due o le tre del mattino di tanto in tanto si svegliava di soprassalto e rimaneva lì distesa gli occhi al soffitto, immersa nella luce blu del comodino.
  Quel mattino di fine ottobre Elisa seduta su bordo del letto non riusciva ad alzarsi, era più triste del solito e nemmeno il pensiero di lavorare col gruppo dei colleghi al progetto del giornalino scolastico programmato quel giorno, placava la sua angoscia. Piangeva. Poi, desiderosa trovare un po’ di serenità in una voce familiare, chiamò la madre. La donna la raggiunse nella sua stanza e le sedette accanto su lettino. Rimase per un istante in silenzio cercando qualcosa da dirle.
<<Amore mio, perché piangi?>> esordì con un timbro di voce dolce e scandendo le sillabe, per non tradire il proprio stato d’animo.
  Elisa posò la testa sul seno della genitrice e,tra i singhiozzi, rispose :
<< Mamma, sono disperata, mi sento una persona inutile, incapace di trovare una via d’uscita da questo penoso stato d’animo>>  e dopo qualche secondo di silenzio aggiunse
:<<Preferisco morire che continuare a vivere con questo dolore schiacciante,che mi toglie ogni forza  e m’impedisce di vedere nel senso giusto le cose della vita>>.
<< Cosa dici, amore mio, il tuo malessere è una semplice condizione di tristezza che può capitare nel corso della nostra vita ad ogni adolescente>> disse mentre  accarezzava i lunghi capelli corvini che fasciavano le spalle della figlia. E facendo finta di frugare tra i sui ricordi, aggiunse con voce rassicurante e più conciliante possibile:
<<Anch’io alla tua età l’umore nero mi tolse il sorriso dalla labbra.>>  e  quasi sottovoce:
<<  Poi, incontrai Paolo, tuo padre. Il senso di disperazione scomparve>>.
  Elisa parve non stupirsi della storia a lieto fine dei genitori.  Sussurrò:
<<E già, ma io non ho incontrato ancora nessun Paolo>>.
  Il precipitare, infatti, dei sintomi del  grave disturbo psicopatologico era stato causato dal traumatico abbandono dell’ultimo fidanzatino, come aveva confessato alla sorella maggiore e senza provare il minimo imbarazzo le  riferì anche che era incapace di dare un taglio definitivo a una relazione sentimentale che non rispondeva ai suoi più intimi sentimenti.
  Allora i genitori, senza perdere altro tempo prezioso, trasferirono la figlia in un liceo della città vicina, sperando in un miglioramento nei rapporti con le ragazze del nuovo ambiente scolastico.  Elisa, invece, continuava a manifestare una certa soggezione nel prendere o rispondere ad alcune iniziative di carattere scolastiche o ludiche. A volte si mostrava così impacciata che anche nelle attività più semplici rispondeva:
 <<Sì, sì…mi piacerebbe…ma non posso>>.
 Su consiglio dell’equipe psicopedagogica della scuola, Elisa  seguì un programma di recupero per migliorare i rapporti con in coetanei, a sentirsi più sicura, a esprimere i suoi sentimenti e a gestire i rapporti sentimentali con i ragazzi.
  Sin dai primi incontri, i rapporti in famiglia erano cambiati in meglio, aveva riaperto la pagina su Facebook e riacceso l’iPhon 6, instaurò nuovi rapporti di amicizia e soprattutto, ritornò sul viso d’angelo il sorriso. Era guarita.
                                                                             

   

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