Elisa
aveva festeggiato il sedicesimo compleanno l’estate scorsa. Aveva invitato le
sue amiche e alcuni compagni della terza B del liceo della città e aveva
trascorso il pomeriggio con loro divertendosi. All’inizio del nuovo anno
scolastico un improvviso malessere interiore le rendeva difficile ad avere
rapporti positivi con le sue amiche, aveva chiuso persino la sua pagina su Facebook
e spento l’ iPhone, e ciò che la metteva in crisi maggiormente, non
riusciva a realizzare una relazione
stabile e soddisfacente sentimentale con un coetaneo, anche se non rifiutava le
sue avance sessuali.
Le settimane passavano e le giornate erano
sempre più monotone. Gli stessi gesti, gli stessi discorsi, la stessa profonda
tristezza, ogni giorno. Durante quel periodo Elisa preferiva rimanere da sola.
Quel sorriso sul volto d’angelo, che rivelava la sua voglia di vivere era stato
sostituito da un velo doloroso, melanconico. Faceva difficoltà ad alimentarsi e
ad addormentarsi, e quando il sonno arrivava
verso le due o le tre del mattino di tanto in tanto si svegliava di soprassalto
e rimaneva lì distesa gli occhi al soffitto, immersa nella luce blu del
comodino.
Quel mattino di fine ottobre Elisa seduta su
bordo del letto non riusciva ad alzarsi, era più triste del solito e nemmeno il
pensiero di lavorare col gruppo dei colleghi al progetto del giornalino
scolastico programmato quel giorno, placava la sua angoscia. Piangeva. Poi,
desiderosa trovare un po’ di serenità in una voce familiare, chiamò la madre.
La donna la raggiunse nella sua stanza e le sedette accanto su lettino. Rimase
per un istante in silenzio cercando qualcosa da dirle.
<<Amore
mio, perché piangi?>> esordì con un timbro di voce dolce e scandendo le
sillabe, per non tradire il proprio stato d’animo.
Elisa posò la testa sul seno della genitrice
e,tra i singhiozzi, rispose :
<<
Mamma, sono disperata, mi sento una persona inutile, incapace di trovare una
via d’uscita da questo penoso stato d’animo>> e dopo qualche secondo di silenzio aggiunse
:<<Preferisco
morire che continuare a vivere con questo dolore schiacciante,che mi toglie
ogni forza e m’impedisce di vedere nel
senso giusto le cose della vita>>.
<<
Cosa dici, amore mio, il tuo malessere è una semplice condizione di tristezza
che può capitare nel corso della nostra vita ad ogni adolescente>> disse
mentre accarezzava i lunghi capelli
corvini che fasciavano le spalle della figlia. E facendo finta di frugare tra i
sui ricordi, aggiunse con voce rassicurante e più conciliante possibile:
<<Anch’io
alla tua età l’umore nero mi tolse il sorriso dalla labbra.>> e
quasi sottovoce:
<< Poi, incontrai Paolo, tuo padre. Il senso di
disperazione scomparve>>.
Elisa parve non stupirsi della storia a lieto
fine dei genitori. Sussurrò:
<<E
già, ma io non ho incontrato ancora nessun Paolo>>.
Il precipitare, infatti, dei sintomi del grave disturbo psicopatologico era stato
causato dal traumatico abbandono dell’ultimo fidanzatino, come aveva confessato
alla sorella maggiore e senza provare il minimo imbarazzo le riferì anche che era incapace di dare un
taglio definitivo a una relazione sentimentale che non rispondeva ai suoi più
intimi sentimenti.
Allora i genitori, senza perdere altro tempo
prezioso, trasferirono la figlia in un liceo della città vicina, sperando in un
miglioramento nei rapporti con le ragazze del nuovo ambiente scolastico. Elisa, invece, continuava a manifestare una
certa soggezione nel prendere o rispondere ad alcune iniziative di carattere
scolastiche o ludiche. A volte si mostrava così impacciata che anche nelle
attività più semplici rispondeva:
<<Sì, sì…mi piacerebbe…ma non
posso>>.
Su consiglio dell’equipe psicopedagogica della
scuola, Elisa seguì un programma di
recupero per migliorare i rapporti con in coetanei, a sentirsi più sicura, a
esprimere i suoi sentimenti e a gestire i rapporti sentimentali con i ragazzi.
Sin dai primi incontri, i rapporti in
famiglia erano cambiati in meglio, aveva riaperto la pagina su Facebook e
riacceso l’iPhon 6, instaurò nuovi rapporti di amicizia e soprattutto, ritornò
sul viso d’angelo il sorriso. Era guarita.
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