Nel
corso di questi ultimi anni, abbiamo avuto modo di cogliere e di apprezzare
l’importanza che i vari studiosi, dalle neuroscienze alla pedagogia e
psicologia, danno all’emergere dei
sentimenti e delle emozioni dei discenti – bambini ed adolescenti -, legati al
mondo della scuola, siano essi in riferimento ai rapporti sociali – con i
compagni – o vincolati al loro percorso di apprendimento.
Attualmente, oltre agli interventi dei vari
ricercatori e ai suggerimenti della Riforma “Educazione alla salute” che
indicano:<<Comprendere che l’uomo si deve confrontare con i limiti della
propria salute ed elaborarli, integrandoli nella propria personalità>>, (www.istituzione.it) la scuola è diventata un luogo
privilegiato per lo sviluppo di corsi di
alfabetizzazione emozionale e sia per l’apprendimento in senso specifico.
Per moltissimo tempo il predominio della
tradizione cartesiana, che ha considerato la chiarezza e la lucidità come
criteri indiscussi di verità, ha caratterizzato non solo l’ambito filosofico e
psicologico, ma anche quello pedagogico, dove a lungo il mondo dei sentimento e
stato ignorato, parte importante della formazione, privilegiando lo sviluppo
delle attività mentali piuttosto di quelle del cuore.
La svolta in direzione di una rivisitazione di
questo collaudato e rigido modello è giunta grazie al contributo sia dalle
neuroscienze, che hanno consentito di realizzare una nuova mappatura neuronale
delle relazioni tra cervello e cuore, sia dalla psicologia e dalla pedagogia,
che hanno realizzato e proposto un nuovo metodo di tipo umanistico alla
conoscenza dell’essere umano.
Una scuola, quindi, - come anche la famiglia -
più attenta all’educazione del cuore può trarre alimento e nutrimento dalle
emozioni e dai sentimenti, per orientare le ricerche, gli scopi, le direzioni
di senso dell’esistenza umana.
Educare bambini e adolescenti alle emozioni e
ai sentimenti non significa insegnare a ignorare o a negare le tendenze
istintive, a tacere le varie emozioni, a inibire quei particolari stati d’animo
che possono impedire il corretto svolgimento delle attività intellettive.
Secondo i nuovi orientamenti pedagogici, il compito educativo principale si
realizza nell’accompagnare il discente ad assegnare un ruolo significativo alla
vita emotiva nella sua esistenza, assumendosene la totale responsabilità.
Va da sé che la scuola non si deve impegnare
di trovare nella sua azione didattica soltanto strumenti idonei che facciano di
sostegno allo sviluppo cognitivo, ma anche di reperire le abilità che
favoriscano le competenze emotive, quali l’espressività, la comprensione e la
regolazione delle emozioni (capacità, queste, che analizzeremo in un prossimo
intervento).
Gli insegnamenti emozionali appresi durate il
periodo dell’infanzia e dell’adolescenza possono dare tonalità adeguate alle
nostre risposte emozionali. Convogliare le emozioni con lo scopo di conseguire
un fine produttivo raffigura la via maestra che guiderà l’essere umano a esprimere
le proprie emozioni con intelligenza. È necessario intervenire nel modo in cui,
gli educatori tutti, preparano i discenti alla vita: ma devono iniziare dai
banchi della scuola a insegnare l’autocontrollo, l’autoconsapevolezza e
l’ascolto dei bisogni altrui (Goleman 1996).
Allora bisogna progettare interventi
didattici che tengano in considerazione il ruolo che l’emozione (positiva o
negativa) ha nell’attività educativa come la memoria, l’attenzione, il
pensiero, e quindi anche essa influenza
l’apprendimento.
Questo evento, secondo i ricercatori, dipende
dall’attivazione di diversi fattori, tra cui citiamo: a) al momento di
richiamare un apprendimento la sintonia emotiva nella quale siamo in quel
momento consente l’attivazione della stessa rete neurale che ha memorizzato
l’apprendimento; b) nuove emozioni consentono di creare altrettanti modelli
comportamentali per le persone.
D’altronde, un apprendimento realizzato solo
sul piano cognitivo astratto rimane distante dal contatto con la realtà e con l’esperienza
diretta. Esso non raggiunge un sufficiente apporto neuronale di memorizzazione
sufficiente per essere ricordato nel tempo. O meglio, la memorizzazione
avviene, ma ha scarse probabilità di stabilire collegamenti con altre reti
neuronali e, quindi, non avrà energia per essere ritrovata in un momento
successivo.
A questo punto possiamo concludere dicendo che
se le emozioni sono in stretta dipendenza con la conoscenza, allora è
fondamentale trattarle all’interno delle aule scolastiche, che sono sicuramente
un ambito idoneo in cui bambini e adolescenti hanno l’opportunità di sentire e
di vivere le varie emozioni.
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