Per
i ricercatori del campo psichico, l’avarizia rientra in quel desiderio bramoso,
radice di tutte le sofferenze umane, caratterizzato da un eccessivo
attaccamento al mondo materiale, ai suoi piaceri e nel rifiuto, più o meno
esplicito, di avere in comune con le altre persone ciò che ha, anche quando
queste mostrano chiaramente disponibilità verso l’avaro.
Avendo una propensione a preservare e
salvaguardare il gruzzolo, cercando di proteggerlo ad ogni costo, l’individuo diventa
un soggetto pericoloso ed emarginato dal punto di vista umano e sociale.
Nemmeno una persona di buon senso desidera avere relazioni di amicizia
esclusiva, neanche una persona sopporta con piacere il fardello di un simile
comportamento, proprio perché la prima reazione che si ha e di astiosità, di
sfiducia, di sdegno e talora di odio.
Tuttavia, se per alcuni amici è possibile
escluderlo, rimuoverlo di torno, per i propri familiari che gli vivono
quotidianamente vicino, tutti i minuti lui diventa un grande problema di
difficile soluzione.
Per l’avaro il risparmio non rientra nei
parametri della norma, rinuncia a
qualsiasi cosa, evita ogni tipo di esborso, percepisce tutto questo una
vera minaccia al suo tesoretto, che spesso è composto da poche centinaia di
euro, ma pur se modesta quella somma lo rende una persona benestante, facoltosa,
apprezzabile.
La giornata vissuta con uno spilorcio si fa
insopportabile, insoddisfacente, carente
di ogni gratificazione, di qualsiasi assennato benessere.
Esiste una sostanziale differenza tra
individuo risparmiatore e quello
tirchio. Distinzione questa importante da conoscere soprattutto da parte di uno dei due partner
prima di creare una famiglia, in quanto se dipenderà dalla fonte di guadagno
dell’avaro, la sua rigida parsimonia con cui adopera il denaro sarà fonte di
sofferenza psichica giornaliera e diventerà assurda la ripetizione che un
individuo così strutturato riuscirà trasmettere non solo nell’andazzo economico
ma anche in quello affettivo di tutti i componenti del nucleo familiare.
Vivere accanto a un simile tirchio, specie se
il partner non lavora, significa ottenere il suo benestare ogni qualvolta
bisogna fare una spesa. Chi è taccagno tende a rinunciare persino ai bisogni
primari, si priva volentieri di ogni soddisfazione della vita: è esperienza
comune sperimentare quanto esigui godimenti mitigano la durezza del vivere.
Rifiutare consciamente prima e in modo rigido
a ogni cosa, è simile a trascorrere una vita da recluso, significa ostacolare
coloro i quali vivo accanto di sperimentare un arco vitale dignitoso.
A questo punto ritengo opportuno precisare che
il tirchio è un essere umano che ama in modo patologico il proprio gruzzolo più
di ogni altra cosa al mondo. Per cui, psicologicamente posso rilevare che
dietro il comportamento dell’avaro adulto, spesso è possibile trovare un
bambino bloccato e deprivato che ha appreso ad attaccarsi alla certezza delle
cose per ostacolare la certezza
deludente e fonda di non poter confidare sul rapporto affettivo degli altri,
sulla partecipazione e sulla continua presenza degli altri.
L’avarizia è una caratterista socialmente
accettata, ciò nonostante può avere conseguenze pesanti e incapaci sulla salute psicofisica della
persona: solitudine, emarginazione, ansia, contrasti interpersonali, divisioni
possono alternarsi tramite l’intera vita e degradarla, senza che il tirchio
pigli in nessun caso consapevolezza che l’ossessione per i soldi, per
l’accumulo siano all’origine della sua malinconia.
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