martedì 15 novembre 2016

L'AVARIZIA UN'EMOZIONE NEGATIVA

Per i ricercatori del campo psichico, l’avarizia rientra in quel desiderio bramoso, radice di tutte le sofferenze umane, caratterizzato da un eccessivo attaccamento al mondo materiale, ai suoi piaceri e nel rifiuto, più o meno esplicito, di avere in comune con le altre persone ciò che ha, anche quando queste mostrano chiaramente disponibilità verso l’avaro.
 Avendo una propensione a preservare e salvaguardare il gruzzolo, cercando di proteggerlo ad ogni costo, l’individuo diventa un soggetto pericoloso ed emarginato dal punto di vista umano e sociale. Nemmeno una persona di buon senso desidera avere relazioni di amicizia esclusiva, neanche una persona sopporta con piacere il fardello di un simile comportamento, proprio perché la prima reazione che si ha e di astiosità, di sfiducia, di sdegno e talora di odio.
 Tuttavia, se per alcuni amici è possibile escluderlo, rimuoverlo di torno, per i propri familiari che gli vivono quotidianamente vicino, tutti i minuti lui diventa un grande problema di difficile soluzione.
 Per l’avaro il risparmio non rientra nei parametri della norma, rinuncia a  qualsiasi cosa, evita ogni tipo di esborso, percepisce tutto questo una vera minaccia al suo tesoretto, che spesso è composto da poche centinaia di euro, ma pur se modesta quella somma lo rende una persona benestante, facoltosa, apprezzabile.
  La giornata vissuta con uno spilorcio si fa insopportabile,  insoddisfacente, carente di ogni gratificazione, di qualsiasi assennato benessere.
  Esiste una sostanziale differenza tra individuo risparmiatore  e quello tirchio. Distinzione questa importante da conoscere  soprattutto da parte di uno dei due partner prima di creare una famiglia, in quanto se dipenderà dalla fonte di guadagno dell’avaro, la sua rigida parsimonia con cui adopera il denaro sarà fonte di sofferenza psichica giornaliera e diventerà assurda la ripetizione che un individuo così strutturato riuscirà trasmettere non solo nell’andazzo economico ma anche in quello affettivo di tutti i componenti del nucleo familiare.
 Vivere accanto a un simile tirchio, specie se il partner non lavora, significa ottenere il suo benestare ogni qualvolta bisogna fare una spesa. Chi è taccagno tende a rinunciare persino ai bisogni primari, si priva volentieri di ogni soddisfazione della vita: è esperienza comune sperimentare quanto esigui godimenti mitigano la durezza del vivere.
 Rifiutare consciamente prima e in modo rigido a ogni cosa, è simile a trascorrere una vita da recluso, significa ostacolare coloro i quali vivo accanto di sperimentare un arco vitale dignitoso.  
 A questo punto ritengo opportuno precisare che il tirchio è un essere umano che ama in modo patologico il proprio gruzzolo più di ogni altra cosa al mondo. Per cui, psicologicamente posso rilevare che dietro il comportamento dell’avaro adulto, spesso è possibile trovare un bambino bloccato e deprivato che ha appreso ad attaccarsi alla certezza delle cose  per ostacolare la certezza deludente e fonda di non poter confidare sul rapporto affettivo degli altri, sulla partecipazione e sulla continua presenza degli altri.

 L’avarizia è una caratterista socialmente accettata, ciò nonostante può avere conseguenze pesanti  e incapaci sulla salute psicofisica della persona: solitudine, emarginazione, ansia, contrasti interpersonali, divisioni possono alternarsi tramite l’intera vita e degradarla, senza che il tirchio pigli in nessun caso consapevolezza che l’ossessione per i soldi, per l’accumulo siano all’origine della sua malinconia. 

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