Quel
pomeriggio, nevoso e freddo, della vigilia di Natale Priscilia, un’adolescente
avvolta in una mantella sdrucita, aveva percorso la via principale del paese,
col cuore che batteva. Aveva camminato un po’ su e giù davanti alla vetrina
imbandita del bar-pasticceria con pochi euro stretti nella mano destra gelata,
infine si decise.
Era l’ora vuota del pomeriggio. Non c’era
nessuno nel bar-pasticceria. Soltanto, dietro il bancone, quell’uomo che si
chiamava Beppe Longo. Un tipo basso e di
corporatura robusta, con la faccia larga, naso grosso e i capelli rossi. Era
rimasto sempre uguale da quando lei aveva otto anni. Aveva tra le mani un
quotidiano. Lei si avvicinò osservando un timido silenzio.
<<Signorinella…>>.
Aveva sollevato il capo dal quotidiano. La
osservò ma sembrava che non la vedesse. Gli rispose:
<<Sono
Priscilla, la figlia di…>>.
Per un improvviso attacco d’ansia, non ce la
faceva a spiccicare il nome del padre.
All’improvviso
ebbe timore di non ricordare più il nome del padre, defunto da diversi mesi in
seguito a una grave incidente sul lavoro, lasciando nella miseria più nera una
nidiata di bambini
Lui corrugò le sopracciglia, e questa volta la
guardò con più attenzione. Le disse:
<<Sei
la figlia di Luigi il muratore?>>.
Rimasero interminabili secondi ad osservarsi
in silenzio. Per una frazione di tempo pensò che sarebbe scoppiata in lacrime.
Ma il barista le chiese, come se fosse una normale cliente.
<<
Cosa ti posso servire?>>.
Priscilla
ritrovò la serenità. Il barista prese delle paste, le pose in un contenitore di
cartone che avvolse in una carta colorata senza chiedere il suo parare.
<<Buon Natale>> le disse, porgendole il
pacchettino
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