lunedì 2 ottobre 2017

LA MALINCONIA EMOZIONE CHE GENERA CREATIVITÀ'

Nel linguaggio quotidiano contemporaneo il termine malinconia è un particolare vissuto psicologico, o meglio, uno stato d’animo che tutti sperimentiamo nei momenti di sosta nella nostra vita,  fatto di tristezza non così dolorosa, d’incapacità di avere un rapporto costruttivo con gli elementi del mondo, di angoscia esistenziale. È associato a una emozione positiva, perché conosce i limiti degli avvenimenti e delle cose e, soprattutto, non blocca le iniziative giornaliere in quanto è antitetica alla depressione. In breve, la malinconia positiva è un momento di tristezza indispensabile per l’equilibrio delle emozioni, da assecondare e ascoltare.
  Nella cultura medica, invece, il vocabolo malinconia, in particolare sotto l’egida del padre della psicanalisi, Freud, indica un disturbo psicologico grave, caratterizzato da mancanza di fiducia,  incapacità di provare emozioni, di produrre iniziative e di idee suicide, la depressione appunto.
  A differenza della nostalgia, della tristezza o della depressione, la malinconia può non essere diretta verso alcun oggetto esterno e può costituire per alcune persone un tratto preponderante della personalità, mentre per altre solo alcune fasi della vita. Le persone malinconiche, infatti, si distinguono dalla altre perché chiuse in sé e timide, ma nel profondo sognatrici e romantiche.
  Come stato dell’essere il malinconico ha una capacità immaginativa più degli altri, e quindi è un creativo, basta pensare ai numerosi scrittori, poeti, pittori e musicisti, è  sufficiente citarne qualcuno come Leopardi, Van Gogh, Saba, Proust, Baudelaire, Schopenhauer, che nei secoli hanno fatto della loro malinconia un febbrile ambiente di produzione artistica, che ha permesso di lasciare opere indelebili nella storia della  cultura occidentale.
Scorrendo rapidamente le pagine della letteratura italiana dalle origini ai nostri giorni rilevo che, col trascorrere del tempo storico, il termine letterario di malinconia si diversifica e si specifica in significati distinti e meno sfumati, ricchi di esempi noti e meno conosciuti. Così partendo dall’età di Dante trovo predominante la malinconia amorosa e passando per il periodo di Leopardi caratterizzato dalla caducità , approdo al Novecento dove la malinconia viene analizzata e incanalata dal mondo scientifico in un discorso fatto di paura, di disillusione, di disperazione, al crollo del sogno e delle ideologie.
  Questa contemporanea forma di malinconia dolorosa divora la sensibilità mentale di scrittori, poeti e in generale di artisti, e, per quanto mi riguarda, trova adeguato posto in diverse pagine di Cesare Pavese e di Pier Paolo Pasolini, due intelligenti e coraggiosi intellettuali della  seconda metà del Novecento in Italia, che di seguito analizzeremo.   
  Cesare Pavese è certamente uno scrittore poliedrico capace di dare patine sentimentali e tinte melodiose ai suoi personaggi e nel contempo covare segretamente desideri e oscuri pensieri, che appena velati appaiono nelle pagine de Il mestiere di vivere:
<<Non ci si uccide per amore di una donna, ci si uccide perché un amore qualunque, ci rivela nella nostra nudità, miseria, infermità, nulla>>; in quelle del romanzo La luna e i falò:
<<Quello che restava era come una piazza l’indomani della fiera, una vigna dopo la vendemmia, il tornar solo in trattoria quando qualcuno ti ha piantato>> e ancora nel racconto La spiaggia:
<<Niente è più inabitabile di un posto dove siamo  stati felici>>.
  In questa brevissima panoramica Pavese ci appare un uomo malinconico e pensieroso: si affacciano le certezze dolorose, crollano i sogni, non trova la possibilità di amare un’altra persona. La malinconia perdurante nella sua attività si sta mutando in depressione: si è insinuata oramai la pulsione all’autodistruzione.   
  La personalità di Pier Paolo Pasolini è senza alcun dubbio una delle più produttive e originali della letteratura italiana. Egli è stato, infatti, poeta in lingua e in dialetto, narratore, regista, giornalista e critico militante secondo certi parametri valutativi scomodo, anticonformista, ma atto a suscitare dissenso e scandalo e nel contempo a raccogliere diversi consensi tali che ha lasciato un’orma incancellabile nella cultura italiana del secondo Novecento.
  Dai suoi numerosi scritti, ho tratto i seguenti esempi nei quali Pasolini usa la malinconia come un grimaldello emozionale per evadere da uno stato precario generato da un doloroso pessimismo nei confronti della realtà violentemente degradata.   
   Iniziamo la lettura dalla raccolta Il meglio della gioventù, che racchiude alcuni pensieri più significativi della produzione in versi  di Pasolini, l’autore rivive con malinconia sulla sua coscienza di adulto le prime esperienze di vita, ormai trasformate in nostalgico rimpianto:
<<Venite, treni, portate lontano la gioventù
      a cercare per il mondo ciò che qui è perduto.
    Portate,treni, per il mondo, a non ridere mai più,
      questi allegri ragazzi scacciati dal paese>>.
Segue la poesia Le ceneri di Gramsci, in cui l’amore per il mondo proletario destinato a scomparire, è evidente nella malinconica descrizione finale:
<< È un brusio di vita, e questi persi/ in essa, la perdono serenamente,/ se il cuore ne hanno pieno: a godersi// eccoli, miseri, la sera: e potente/ in essi, inermi, per essi, il mito/ rinasce…Ma io, con il cuore cosciente// di chi soltanto nella storia ha vita,/ potrò mai più con pura passione operare,/ se so che la nostra storia è finita?>>.
  Le tematiche della raccolta di articoli per il Corriere della Sera,   pubblicate col titolo Scritti corsari sono la società italiana contemporanea, i suoi endemici mali e le sue angosce:
<< L’uomo medio dei tempi del Leopardi poteva interiorizzare ancora la natura e l’umanità nella loro purezza ideale oggettivamente contenuta in esse; l’uomo medio di oggi può interiorizzare una Seicento o un frigorifero, oppure un weekend a Ostia>>, in cui è evidente la nostalgia del sottoproletariato di una volta , che era adorabile, mentre quello presente fa schifo.
  Concludo la rassegna con la lettura di alcuni versi di Transumanar e organizzar, una raccolta in cui rilevo la frattura psicologica tra il poeta e il suo tempo storico, che viene da lui avvertita e tradotta in un verso adatto ad esprimerla:
<< Non c’è cena o pranzo o soddisfazione del mondo,
      che valga  una camminata senza fine per le strade povere,
       dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.>>.
A questo punto posso concludere dicendo che la malinconia è una emozione positiva che fa parte della nostra quotidianità, vivendola  fino in fondo, può favorire un’attenta introspezione, una nuova ricerca più riservata o nascosta nella nostra interiorità.

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