Del
coraggio nel campo della psicologia non se ne parla abbastanza ed è un
argomento di scarsa diffusione, proprio perché si predilige parlare del suo
opposto: la paura.
Ma che cos’è il coraggio?
Secondo alcuni psicologi, il coraggio non è un
oggetto qualsiasi che la natura ci elargisce già finito, ma è una possibilità
che, in momenti diversi, deve essere prodotta e porre in azione su misura per
le distinte circostanze.
Diversi studi, infatti, danno prova che il
coraggio inizia a rivelarsi già intorno agli 8 (otto) anni, allorquando i
bambini incontrano le prime difficoltà nel loro ambiente familiare e sociale e
sono costretti a trovare tattiche idonee per poterle risolvere. Esso è
condizionato dall’affetto del legame parentale: due genitori che sollecitano il
proprio figlio/a ad esaminare l’ambiente, a non temerlo e a non sovrapporsi
alle sue scelte, daranno al figlio/a gli
strumenti idonei per far fronte alla vita senza farsi vincere dall’ansia.
Nei nostri ambienti del coraggio non si parla
tanto. Ciò nonostante, prima o poi ognuno di noi dovrà decidere di prelevare
dal proprio coraggio o meno: quando un progetto non si realizza secondo le
intenzioni e necessitano nuove energie per trovare nuove alternative, quando si
incomincia un nuovo piano di lavoro con passione ma le difficoltà fanno venir
voglia di abbandonare l’impresa, quando un rapporto affettivo muta per sempre e
bisogna decidere di non insistere ma di smettere di inseguirlo, quando si diviene
genitori e necessita adottare un sistema educativo malgrado le difficoltà che esso richiede, quando si accertano
situazioni che per un motivo o per un altro ci costringono a cambiare
direzione.
Diverse , quindi, sono le difficoltà
quotidiane – qui riassunte in breve- - che bisogna evitare nel percorso della
nostra vita. E soltanto le persone
coraggiose le accettano e scoprono la terapia giusta, i paurosi invece
costruiscono alibi per restare nell’aria di benessere psicofisico.
Inoltre colui che desidera diventare
coraggioso deve lasciar da parte il pensiero che gli avvenimenti seguono sempre
lo stesso modello e non deve adagiarsi
nella consuetudine e/o smarrirsi nella paura di osare, tenendo a mente che
anche alla persona più fortunata prima o poi spetta il fallimento ma che si
risolleva, esamina la circostanza, produce le adeguate modifiche di tattica e
ripiglia il proprio cammino.
Certamente il rialzarsi esige di accelerare,
di far fronte al dolore psichico, alla fatica e alla disperazione. Una fatica
difficile e dura che, chi si dà per vinto auto- compatendosi, camuffando la
paura di ricominciare a discutere e di
affrontare i nuovi impegni, non deve assolutamente concludere.
Nella società contemporanea l’essere
coraggioso consiste sempre più in azioni esteriori tendenti all’apparire e/o
all’avere e sempre meno all’espressione della propria peculiarità, che può aver
luogo per l’assunzione di responsabilità delle proprie azioni, rinforzando e
preservando esplicitamente, senza alcun timore le proprie idee anche a costo di
ottenerne un danneggiamento. Si
predilige gradire e rincorrere le idee della folla o ameno non osteggiarle per
poi autocompatirsi e ritenersi vittima di un mondo iniquo che non potrà mai mutare.
Per
concludere questa breve analisi, diciamo che il coraggio non è andare contro
l’ostacolo, è invece osservarlo da un’angolazione diversa, e scoprire magari un
passaggio segreto; a volte diventa l’innesco di un’evoluzione che, senza di
esso, forse non si sarebbe mai raggiunta.
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