Complimenti al dott.
Castrovilli per l’inserimento di alcune sue poesie nella più vasta antologia di
poesie pugliesi tradotta in lingua polacca. (AA. VV., I Ponti, Wydawnictwo Ksiazkowe IBIS)
La poesia della Puglia viene presentata
in Polonia, per la prima volta, in un’antologia autonoma.
Pawel Krupka, di professione
diplomatico e prof. Di letteratura greca presso l’Università di Varsavia, a
proposito dei poeti pugliesi (e tra questi l’unico della Provincia di Brindisi, appunto, il dott.
Castrovilli) dice che “si dimostrano chiaramente figli della Magna Grecia,
della sua semplicità e del suo naturalismo. La forza d’espressione della loro
poesia scaturisce da sane radici di civiltà.” […] “È una poesia che trova
ispirazione soprattutto nell'ambiente naturale, compreso quello umano. Una
poesia piena di sole e di mare, che parte per il mondo dal focolare di casa.”
Il dott. Castrovilli, quindi,
è il primo poeta brindisino (sanvitese) “tradotto” in polacco, ma non basta, è stato
tradotto anche in lingua albanese e russa. Alcune sue poesie sono presenti nell'antologia albanese AA.VV. Il mare
che unisce, MILOSAO, 2016.
Insomma, mentre si alzano
muri per contenere i flussi migratori, la creazione poetica pugliese-brindisina (sanvitese) non sembra trovare ostacoli per Castrovilli, e la sua poesia è diventata
“poesia d’esportazione”; esportazione non solo del “patrimonio della Magna
Grecia”, ma precisamente della “Sanvitesità” non tanto come “prodotto” di
colore locale, che pur ha il suo valore, ma soprattutto, come ben dice, in una
sua bellissima poesia, il prof. Daniele Giancane, come “prodotto di nicchia” di
“autore di valore”.
Le poesie di Castrovilli,
scelte e presenti nell’antologia polacca, sono quelle che dalla nicchia del
territorio naturale e umanizzato di San Vito si elevano a paradigmi universali
e hanno già nel titolo vibrazioni o vocazioni di universalismo specie ora che
varie etnie si combattono in Medio Oriente o in altre parti del mondo.
In “Oltre Bisanzio” e in “Una
cartolina da Gerusalemme” ci sono passi che inneggiano al sentimento d’amore di
vario genere: da quello romantico a quello di fratellanza universale che
scorgando da “antiche civiltà” unisce le varie etnie in un abbraccio globale.
[…] Da molto tempo viaggiavamo lungo/ le coste
adriatiche sostando ora/ tra ruderi di antiche civiltà ora/ tra la macchia
mediterranea…
[…]
Signora, dove ci porterà/ questo nostro vagare?
Lei guardandomi sottecchi, rispose:/ oltre Bisanzio.
[…] (da “Oltre Bisanzio”)
[…] Nella luce del crepuscolo/del mattino, un
attempato rabbino/ barba bianca fluente, / zucchetto, tallith e filatteri/
nella sinagoga recita brani/ del Siddur ad alta voce, / e ragazze palestinesi/
espongono su tappeti/ con fini disegni ornamentali/ oggetti di rame, di legno/
e merletti colorati/ nei paraggi della moschea di Omar. (da “Una cartolina da Gerusalemme”)
In queste poesie c’è un
peana, un canto d’allegrezza, di speranza in quanto in “Oltre Bisanzio” c’è un
anelito verso orizzonti nuovi e pieni di sentimenti accattivanti e in “Una
cartolina da Gerusalemme” un invito alla fratellanza espansiva: infatti il
rabbino e le ragazze palestinesi sono presentati insieme in un concerto di
richiami biblici.
In “I sentieri dell’anima” vibrano
echi leopardiani: …nell’interrotto
cammino/per i sentieri dell’essere, / senza divieti, / senza confini.
Ciò avviene più chiaramente
in “Epilogo”: […] Anche il suo lungo
vigilare/ ha un epilogo silenzioso, / come lo sfiorire delle rose/ sotto l’urgere
del tempo. //Tanti sono gli alibi/ che annegano sogni e incanti, / fino a che
inaspettatamente/ ti ritrovi solo in una quieta assoluta, / che assedia le
acacie/ dopo la tempesta.
In “Come segnali” e in
“Ulivi” troviamo il paesaggio salentino e il suo ambiente umano colti in una continua
caleidoscopica sinestesia: suoni e silenzi; visioni di campi, brezze, sapori e
profumi sparsi che fanno assomigliare la campagna salentina quasi a un’oasi
utopica. Ma dalla Magna Grecia fino adesso il Salento è stato sempre una
splendida realtà antropica per la sorprendente bellezza della natura ma anche per
il duro lavoro dell’uomo che l’ha cesellata umanizzandola. Terra che attrae per
le bellezze naturali, l’arte e l’atmosfera umana, per i prodotti della terra.
Infine le sinestesie e adombramenti
di civiltà antiche e di storia, richiami di duro lavoro per fare della nostra
terra un giardino si fanno amorevolmente più mordaci e più struggenti in
“Ulivi”.
…Ulivi secolari sparsi nelle campagne/ del Salento
dove inseguiamo/ sogni e segreti/ resi al sole da gioie/ solcate da rivoli di
sudore// Svettanti nell’azzurro rimbombo/ del tuono, nel vento di novembre/ che
ci porta l’eco delle voci/ dei nostri defunti;/ i venerandi ulivi/ il loro
impero affermano/ su quest’angolo di terra rossa/ dove è scritto sulle zolle/
la storia dei padri e la nostra.
Francesco Recchia
P.S. Nella cooperazione con
la Polonia sono stati coinvolti l’Ambasciata, l’Istituto Cultura polacca di
Roma e l’Ambasciata italiana, l’Istituto Cultura italiana di Gracovia.
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