Perdono
è un termine che nella sua eccezione letteraria significa: remissione di una colpa e del relativo castigo, Il Nuovo
Zingarelli. È, quindi, una rinuncia, un’agevolazione che si offre a colui il
quale compie ciò che non avrebbe dovuto compiere.
Da quanto appena detto si può comprendere come
il perdono è un modo di procedere che include la consapevolezza della vittima
di aver subito una vessazione tuttavia si preferisce volontariamente di passare
oltre la punizione e di mettersi in un atteggiamento diverso.
La capacità di perdonare insita in ciascuno di
noi nel corso dell’esistenza si modifica e non rimane stabile negli anni.
Secondo alcuni ricercatori una persona è motivata a perdonare a seconda di un
momento particolare dalla vita: il perdono è possibile quando la vittima è
risarcita del danno subito; il perdono è possibile per la presenza di regole
morali, religiose e sociali che condizionano la persona; il perdono è utile
perché concede di vivere in armonia nel contesto sociale.
Quando si tratta di capacità di perdonare non
si mette in atto rapporto solamente a quel comportamento di compassione e benevolenza
che la vittima di sopraffazione sceglie
liberamente di riservare al trasgressore, ma concerne anche il comportamento
che una persona può avere verso se stesso nel caso che sia responsabile di un
atto nocivo verso altri soggetti. Bisogna distinguere infatti il perdono in
rapporto alla sorgente della violazione: si può essere vittime di un’offesa e
quindi in questa circostanza il perdono sarà diretto verso terzi, ma si può
essere i responsabili di un’offesa e sentirsi colpevoli del proprio
comportamento, in questa circostanza il perdono deve essere rivolto a se
stessi.
Sembra giusto aggiungere che chi commette un
danno per altre persone è un soggetto con emozioni e sentimenti, e molte volte
ci si può diventare responsabili di
causare dolore ad altri senza alcuna intenzione. In questo caso particolare il
trasgressore si può sentire in colpa per il suo operato maldestro e non
perdonarsi di aver procurato sofferenza psichica. L’insufficienza di perdonare
se stessi per aver compiuto una grave violazione si collega a sentimenti molto
penosi di colpa, rammarico, vergogna e disagio invece nel danneggiato che
patisce un’ingiustizia le emozioni consuete sono rabbia e avversione.
Negli ultimi decenni la psicologia si è
interessata al perdono in particolare quando alcuni ricercatori rilevarono una
stretta relazione tra perdono e benessere psichico. Saper perdonare, quindi,
può rappresentare un mezzo per favorire il benessere psicologico, limitando il
vortice di emozioni negative che si intromettono quando patiscono un torto,
ovvero riducendo la rimuginazione, il rancore, la rabbia e tutte quelle emozioni
negative che non soccorrono positivamente una vessazione subita ma al contrario
ne danneggiano ancora di più la salute psicofisica.
Sappiamo
che, secondo la visione cognitiva ed emotiva, il sentimento del perdono può
accadere soltanto dopo che è stato messo a tacere la rabbia, il desiderio di vendetta o di punizione della
persona che ha subito l’oltraggio. L’atto del perdono è solo l’ultimo segno che
interessa questo lungo e articolato processo di preparazione di un fatto
avverso avvenuto.
Come già detto, l’abilità di perdonare al di
là di esibire benefici sulla prosperità psicologica, pare avere conseguenze
positive pure sulla salute fisica. Differenti ricerche hanno infatti
documentato come provare per diverso tempo emozioni negative quali rabbia,
ostilità, risentimento accresce l’efficacia di disturbi cardiovascolari.
Il modalità, dunque, in cui il perdono
potrebbe favorire la salute psicofisica è inerente alla diminuzione di rabbia e
ostilità incoraggiando emozioni positive quali benevolenza, compassione e
amore.
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